Gemmato: “Si tratta di presidi importanti in quanto luoghi di prossimità per i pazienti e che vedono il pieno coinvolgimento dei Medici di medicina generale nell’ottica di un decongestionamento dei pronto soccorsi”
"Il Governo investe sulla medicina territoriale e sui medici di famiglia. Il processo di apertura delle Case di Comunità in applicazione del PNRR sta procedendo gradualmente e confido che tutte saranno pronte entro il mese di giugno del 2026. Si tratta di presidi importanti in quanto luoghi di prossimità per i pazienti e che vedono il pieno coinvolgimento dei Medici di medicina generale nell’ottica di un decongestionamento dei pronto soccorsi”. Il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato rispondendo ad un’interrogazione del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari sociali alla Camera, spiega a che punto sono le Case di Comunità.
"Per ciascuno dei tre trienni formativi 2021-2024, 2022-2025 e 2023-2026 - precisa Gemmato -, sono state finanziate 900 borse di studio aggiuntive, rispetto a quelle finanziate con forni ordinari (FSN e risorse regionali/provinciali), per i corsi specifici di medicina generale, per un totale di 2.700 borse, che contribuiranno a sanare il gap di professionisti creatosi negli ultimi anni, legato essenzialmente alle importanti fuoriuscite dal sistema per pensionamento ed alle limitate risorse finanziare che hanno indubbiamente condizionato in passato la disponibilità dei posti per la formazione dei medici di medicina generale”.
“Inoltre – prosegue Gemmato -, recentemente, al fine di fronteggiare la contingente carenza dei medici di medicina generale, nelle more di una revisione complessiva del relativo sistema di formazione, con l’articolo 4, commi 9 e 10 del decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, sono state portate a regime le disposizioni di cui all'articolo 9, comma 1, del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12, relativo alla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati all'esercizio professionale, iscritti al corso di formazione specifica in medicina generale, di partecipare all'assegnazione degli incarichi convenzionali, rimessi all'accordo collettivo nazionale nell'ambito della disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale e all'articolo 2-quinquies del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, relativo alla possibilità per i laureati in medicina e chirurgia abilitati di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di medici di medicina generale, nonché per i medici iscritti al corso di specializzazione in pediatria, durante il percorso formativo, di assumere incarichi provvisori o di sostituzione di pediatri di libera scelta convenzionati con il Servizio sanitario nazionale”.
“Recentemente – sottolinea Gemmato -, poi, al fine di consentire di avere un congruo numero di medici di medicina generale e garantire la continuità dell’assistenza sul territorio, l’articolo 12-quater del decreto legge 14 marzo 2025, n. 25, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 maggio 2025, n. 69, ha previsto la possibilità per le aziende del Servizio sanitario nazionale, sino al 31 dicembre 2026, di prorogare, con il consenso degli interessati e comunque non oltre un anno successivo al raggiungimento del limite di età di 72 anni, il c.d. trattenimento in servizio del personale medico in regime di convenzionamento con il Servizio sanitario nazionale, previsto dall’articolo 4, comma 9-octiesdecies, del decreto-legge n. 198 del 29 dicembre 2022, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 24 febbraio 2023”. “Al fine di individuare gli strumenti utili ad aumentare l’attrattività della medicina generale, contrastando in tal modo la c.d. “questione vocazionale”, nell’ambito di un tavolo di lavoro tra il Ministero della Salute e il Ministero dell’Università e della ricerca è stato prodotto un documento, condiviso in data 23 aprile 2024, sottoposto ad entrambi i Ministri nel quale si propone il superamento del corso di formazione in medicina generale e la sua trasformazione in una scuola di specializzazione di area sanitaria”, ha concluso il sottosegretario.
“Prendiamo atto che questo governo, a dispetto dei proclami, non ha alcuna intenzione di intraprendere la riforma della medicina generale che porta verso la dipendenza. Quanto denunciato dall’inchiesta in merito di Report, che ha acceso un faro sullo stallo cui l’esecutivo ha portato la riforma, trova perfetto riscontro nella risposta del sottosegretario Gemmato alla nostra interrogazione di oggi in Commissione Affari Sociali alla Camera. Avevamo chiesto di sapere una cosa molto semplice: a che punto fosse la riforma della medicina generale. La risposta è stata volutamente evasiva e assolutamente inaccettabile. Non è stata spesa una parola in merito alla riforma con cui i medici di medicina generale potrebbero passare dalla convenzione alla dipendenza. Di fatto, per non scontentare i poteri forti – come ad esempio Enpam, che ha raggiunto i 30 miliardi di patrimonio e perderebbe il 40% delle entrate con la dipendenza dei medici di medicina generale –, il governo decide come sempre di strizzare loro l’occhio e di mantenere lo status quo, infliggendo un duro colpo al livello di assistenza garantito ai cittadini e incidendo negativamente sul loro diritto alla Salute”. Lo scrive in una nota Marianna Ricciardi, deputata del Movimento 5 Stelle in Commissione Affari Sociali.
“Il Governo, finalmente, ha risposto in Commissione sulle liste d’attesa. Non ci sono buone notizie per i cittadini, dal momento che si conferma ciò che peraltro abbiamo sempre detto: con il “famoso” Decreto sulle liste d’attesa ci si è presi gioco dei cittadini, attraverso un’operazione di pura propaganda, a pochi giorni dalle elezioni europee. A parole, si trattava di un provvedimento urgente per ridurre le liste di attesa, ma nei fatti si è trasformato in un lampante esempio di inefficienza. I primi tre decreti attuativi, infatti, sono stati emanati con quattro mesi di ritardo, mentre per il quarto, quello sui poteri sostitutivi delle Regioni, abbiamo atteso quasi un anno. Al momento ne mancano ancora due, della cui sorte nulla si sa.
Così, mentre Istat certifica l’unica verità che conta - e cioè che in questi anni di governo Meloni le liste di attesa sono aumentate - anche il numero di cittadini che rinuncia alle cure, per motivi economici, per gli stessi tempi di attesa e per le difficoltà di accesso, è aumentato a dismisura. Ovviamente, le fasce più colpite sono quelle più deboli economicamente e quelle con un livello di istruzione inferiore, oltre alle donne e agli anziani Peraltro, sulla piattaforma nazionale - attivata anche questa in ritardo, a giugno 2025 - nei primi 5 mesi di registrano 23 milioni di prestazioni e ciò chiama in causa un evidente problema relativo all’appropriatezza delle prestazioni. Mentre il Governo vara provvedimenti spot e si guarda bene dall’affrontare i problemi endemici, si presenta però in Parlamento a fare spolvero dei decreti fatti: peccato che dal 2022 le cose siano peggiorate, e le azioni messe in campo completamente inefficaci, dato che servirebbero riforme che diano risposte strutturate, con risorse, personale, investimenti necessari per fronteggiare il fenomeno delle liste di attesa.
Curarsi ormai è diventato un lusso e poiché i cittadini sono sempre più poveri, non hanno la possibilità di scegliere: semplicemente, chi non può sostenere le spese, è destinato a rinunciare alle cure. Stiamo dunque assistendo al drammatico fallimento del sistema sanitario nazionale e il Governo non ha nessuna risposta e, anzi, dà la colpa alle Regioni, condannate ad essere il nuovo capro espiatorio del Governo Meloni, che si dimostra autonomista a giorni alterni. Il disegno è chiaro: commissariare le regioni perché incapaci e affossare il sistema sanitario pubblico perché inadeguato. Obiettivo? Dimostrare la capacità miracolosa del Governo (a parole) e affermare l'efficacia del sistema sanitario privato. E, nel mentre, beatificare l’azione governativa a reti unificate”. Lo scrive Ilenia Malavasi, deputata Pd della commissione affari sociali, commentando la riposta del governo all’interrogazione in commissione.
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