Per una transizione graduale e senza scossoni servono: incontri “a quattro mani” tra specialista pediatrico e dell’adulto, un documento che riassuma la storia clinica del paziente, un infermiere che accompagni il percorso
L’inizio di ogni nuovo anno scolastico segna un fondamentale momento di passaggio nella vita di tutti gli studenti, che realizzano di essere diventati "più grandi". Simbolo di ripartenza e riorganizzazione, il back to school può rappresentare, per migliaia di giovani affetti da malattie reumatologiche pediatriche, anche l’occasione in cui ripensare la gestione della propria patologia e affrontare la cosiddetta "transizione", lasciando la reumatologia pediatrica per entrare nel mondo della medicina dell’adulto.
"In Italia, ogni anno, 10.000 minori ricevono la diagnosi di una malattia reumatologica, come artrite idiopatica giovanile, lupus, connettiviti o vasculiti", illustra il Prof.
Nella stragrande maggioranza dei casi, le malattie reumatologiche pediatriche accompagnano il paziente anche nella vita adulta. Questo rende la transizione un passaggio inevitabile e molto delicato che, come ricordano gli esperti della SIR, non può essere lasciato al caso. "Il bambino non è un adulto in miniatura", spiega il Prof. Roberto Felice Caporali, Presidente Eletto della SIR. "Ha esigenze cliniche e assistenziali diverse, legate alla crescita fisica e psicologica. Allo stesso modo, il giovane adulto si confronta con nuovi bisogni, come la contraccezione o la gestione dell’autonomia terapeutica. Per questo la transizione deve essere un processo graduale, strutturato e condiviso tra pediatra reumatologo, reumatologo dell’adulto, paziente e famiglia. Un passaggio disorganizzato può portare a interruzioni di terapia, ritardi nelle cure o perdita di follow-up. La letteratura mostra, invece, che una transizione ben organizzata riduce riacutizzazioni e migliora l’aderenza terapeutica e la qualità di vita".
La European Alliance of Associations for Rheumatology (EULAR) e la Paediatric Rheumatology European Society (PReS) hanno stilato alcune raccomandazioni in proposito:
• |
la transizione dovrebbe prevedere una serie di incontri, e non un singolo evento, durante i quali siano presenti entrambi gli specialisti che si avvicenderanno nella presa in carico del paziente; |
• |
è necessario un documento di transizione, che riassuma storia clinica e terapeutica del ragazzo; |
• |
il processo deve iniziare intorno ai 16 anni e concludersi quando il giovane è pronto, di solito entro i 18–20 anni; |
• |
va favorita l’autonomia del paziente nella gestione della malattia (conoscenza dei farmaci, gestione degli appuntamenti) mentre il coinvolgimento dei genitori deve diminuire gradualmente; |
• |
quando possibile, va nominato un transition coordinator o nurse manager che accompagni il percorso. |
"Insomma, non basta spostare un nome da un’agenda a un’altra – aggiunge Caporali –. La transizione non deve essere traumatica, ma un percorso costruito per garantire continuità di cura, fiducia e autonomia al paziente, supportando anche i genitori in questo cambiamento. È il pediatra reumatologo che valuta quando iniziare il processo, che sarà sicuramente facilitato se la malattia è ben controllata e in remissione. Il reumatologo dell’adulto, dal canto suo, deve essere attento nell’approcciare un paziente che non è di nuova diagnosi ma ha già un suo vissuto di malattia e di cura di cui tener conto".
"È fondamentale – conclude l’esperto – che il giovane veda i due professionisti collaborare durante gli incontri di transizione. Dovrà iniziare a recarsi in una nuova struttura e a interfacciarsi con nuove persone. Questo può creare disagio, timore, insicurezza. Se il paziente viene introdotto nel nuovo ambiente dal pediatra che lo ha seguito fin dall’inizio, il tutto risulterà più ‘indolore’. E quando la reumatologia pediatrica e quella dell’adulto sono distanti, gli strumenti digitali possono venirci in aiuto. Grazie al teleconsulto è più semplice far partecipare tutti i medici necessari all’incontro".
Filgotinib, un inibitore JAK1 preferenziale da assumere per via orale una volta al giorno, ha soddisfatto l’endpoint primario nello studio clinico di Fase 3 OLINGUITO dimostrando efficacia in tutte le forme di axSpA (r-axSpA e nr-axSpA).
Il 20% delle persone con artrite reumatoide è a rischio di sviluppare interstiziopatie polmonari, tra le principali cause di morbilità e mortalità in chi soffre di malattie reumatologiche
Nello studio di fase 3 APEX gusekumab ha dimostrato un’inibizione del danno strutturale di due volte e mezzo superiore rispetto al placebo
Tra il 15 e il 35% delle nuove diagnosi di artrite reumatoide è riconducibile al tabacco ed il rischio di sviluppare il Lupus Eritematoso Sistemico aumenta del 50% nei fumatori rispetto ai non fumatori
Il machine learning, ovvero l'apprendimento automatico, potenzialmente potrà migliorare diagnosi e cure per chi ne soffre
Una ricerca in corso presso diversi Atenei italiani e altre Università nel mondo si sta focalizzando sulle possibili indicazioni utili dalla biopsia del tessuto sinoviale, da cui si potrebbe dedurre la remissione o meno indotta da differenti trattame
Herpes, Covid, influenza, pneumococco, le immunizzazioni più consigliate
Giacomelli: "Sono due anticorpi monoclonali che vengono utilizzati in maniera specifica: mepolizumab, scoperta abbastanza recente, che è un anti-interleuchina 5, e rituximab che blocca i linfociti B"
Commenti