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Fumo nemico delle articolazioni: aumenta il rischio d’insorgenza e la gravità di molte malattie reumatologiche

Reumatologia Redazione DottNet | 27/05/2025 12:44

Tra il 15 e il 35% delle nuove diagnosi di artrite reumatoide è riconducibile al tabacco ed il rischio di sviluppare il Lupus Eritematoso Sistemico aumenta del 50% nei fumatori rispetto ai non fumatori

Se l’associazione con patologie cardiovascolari, polmonari e diversi tipi di tumore è ormai cosa nota, forse non tutti sanno che il fumo è anche un importante fattore di rischio per la comparsa e la progressione di molte malattie reumatologiche. In occasione della Giornata Mondiale senza Tabacco (31 maggio), la Società Italiana di Reumatologia (SIR) richiama l’attenzione sul legame pericoloso, e spesso sottovalutato dagli stessi medici, tra il consumo di sigarette e lo sviluppo di artrite reumatoide, lupus, vasculiti, osteoporosi e altre condizioni caratterizzate dall'infiammazione di articolazioni, muscoli e organi interni. Il fumo, infatti, stimola una risposta infiammatoria sistemica e favorisce la produzione di autoanticorpi, alterando il sistema immunitario e creando terreno fertile per l’insorgenza di patologie autoimmuni e croniche.

"Il caso dell’artrite reumatoide è il più eclatante", afferma il professor Andrea Doria (nella foto), presidente SIR. "Si ritiene che tra il 15 e il 35% delle nuove diagnosi sia dovuto al tabacco; percentuale che sale fino al 50% tra i soggetti con predisposizione genetica alla malattia. In queste persone il sistema immunitario prende erroneamente di mira un tipo particolare di proteine, dette ‘citrullinate’, prodotto naturale di alcune fasi dell’infiammazione, rilasciando specifici anticorpi.

Il fumo acuisce questa alterata risposta immunitaria a livello delle vie aree superiori, perché causa infiammazione, aumento delle proteine citrullinate e quindi di anticorpi anti-citrullina, che sono il biomarcatore proprio dell’artrite reumatoide".   "Anche il lupus eritematoso sistemico (LES)prosegue l’esperto – è fortemente correlato con il consumo di tabacco: il rischio di sviluppare la malattia aumenta del 50% nei fumatori, soprattutto in chi è positivo agli anticorpi anti-DNA nativo. Il fumo, oltre a indurre ossidazione, alterando il DNA e facilitando la formazione di anticorpi diretti contro di esso, inibisce la fagocitosi, processo che permetterebbe di eliminare tali anticorpi. E sono molte altre le malattie reumatologiche la cui insorgenza e la cui gravità possono essere favorite dall’abitudine alle sigarette, come l’artropatia psoriasica, le vasculiti, soprattutto quelle anca-associate, la sclerodermia, alcune miopatie infiammatorie idiopatiche, l’osteoporosi, perché il fumo accelera la perdita di massa ossea, aumentando il rischio di fratture".

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"Purtroppo – aggiunge il professor Doria – ci sono dati sull’esistenza di questo legame, seppur in misura ridotta, anche con il fumo passivo. Diversi studi hanno dimostrato come i bambini che vi sono esposti abbiano maggiori probabilità di sviluppare l’artrite reumatoide. Un altro aspetto preoccupante è che smettendo di fumare si riduce il proprio rischio di andare incontro a una malattia reumatologica solo dopo molto tempo: 5 anni, ad esempio, per il Lupus e addirittura 30 anni per l’artrite reumatoide".  Responsabile di varie disregolazioni del sistema immunitario e in grado di prolungare i suoi effetti nocivi per diversi anni, il tabacco dovrebbe essere un "sorvegliato speciale" in reumatologia ma sembra non esserlo ancora abbastanza. Secondo un’indagine condotta a livello internazionale[1], solo il 65% dei reumatologi fornisce ai propri pazienti consigli per smettere di fumare. "Come specialisti di riferimento per malattie fortemente influenzate dal fumo, sentiamo la responsabilità di intensificare gli sforzi per informare i nostri assistiti e le loro famiglie sui rischi legati al consumo di tabacco. Il nostro obiettivo deve essere duplice: convincere chi fuma a smettere e dissuadere chi volesse iniziare dal farlo. A questo proposito, è necessario che i centri di reumatologia dispongano di protocolli specifici per la cessazione del fumo, integrando la lotta al tabagismo nella strategia clinica quotidiana. Solo così potremo garantire un approccio terapeutico davvero completo, che guardi non solo alla malattia, ma anche ai suoi fattori scatenanti e aggravanti", conclude il presidente SIR.

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