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Tumori, microbioma intestinale sentinella grazie all'Ia

Gastroenterologia Redazione DottNet | 13/10/2025 18:32

Nuovo studio delle università di Bari e Firenze

Il microbioma intestinale può predire il rischio di un individuo di sviluppare il tumore al colon-retto, e potrà diventare un vero e proprio sensore precoce di salute, alla base di test di screening non invasivi e personalizzati. A svelarlo è uno studio congiunto tra l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, con il Dipartimento interuniversitario di Fisica e il Dipartimento di Scienze del Suolo della Pianta e degli Alimenti, l’Università di Firenze e l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn). Lo studio, nato nell’ambito di un progetto finanziato dal Pnrr, è coordinato dalla professoressa di UniBa Sabina Tangaro, ed è stato pubblicato su Gut Microbes, rivista internazionale di riferimento per la ricerca sul microbioma intestinale.  Il lavoro presenta - riporta una nota - un approccio innovativo e personalizzato alla diagnosi precoce del tumore al colon-retto, basato sull’utilizzo di intelligenza artificiale spiegabile (Xai) per analizzare i profili microbici intestinali. Gli autori dello studio sono fisici, medici e biologi che hanno unito le proprie competenze per sviluppare un approccio innovativo e trasparente per la diagnosi precoce.

 

Si parte da un assunto: il carcinoma del colon-retto (Crc) rappresenta la seconda causa di morte per cancro nel mondo. Per scoprirlo, lo standard diagnostico oggi prevede la colonscopia, un’analisi invasiva con limitata adesione da parte della popolazione, per cui si rendere urgente lo sviluppo di metodi alternativi, non invasivi ed efficaci per identificare precocemente le persone a rischio. Lo sviluppo del tumore al colon avviene attraverso una sequenza evolutiva ben definita – da epitelio sano ad adenoma, fino al carcinoma invasivo – ma i meccanismi molecolari alla base di questa progressione sono ancora in parte sconosciuti. Studi crescenti sul microbioma intestinale suggeriscono che alcune specie batteriche presenti nell’intestino possano giocare un ruolo cruciale nella genesi e progressione del carcinoma al colon, influenzando infiammazione, risposta immunitaria e metabolismo cellulare.

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Lo studio

Lo studio sviluppato dalle Università di Bari e Firenze insieme all’Infn - si legge - ha utilizzato l’Intelligenza artificiale spiegabile (Xai) per analizzare dati di sequenziamento genetico da campioni fecali di 453 pazienti, con l’obiettivo di identificare biomarcatori microbici predittivi della presenza di adenomi o tumore. Il modello ha mostrato ottime prestazioni, riuscendo a identificare in modo molto accurato i soggetti a rischio anche su un gruppo indipendente di pazienti italiani, dove ha raggiunto un livello di precisione pari all’89% nel riconoscere i casi realmente a rischio, riducendo al minimo i falsi allarmi. Grazie all’approccio spiegabile, è stato inoltre possibile individuare le specie batteriche più rilevanti, come Fusobacterium e Peptostreptococcus (associate a rischio aumentato) e il gruppo Eubacterium eligens (associato a rischio ridotto).

Oltre a predire il rischio, l’intelligenza artificiale - dettaglia la nota - ha permesso di svelare le connessioni nascoste tra i batteri. Uno degli aspetti più innovativi dello studio è stato infatti l’impiego degli Shap interaction values, che hanno permesso di andare oltre l’identificazione dei singoli batteri, analizzando le interazioni tra generi microbici e la loro influenza combinata sul rischio di tumore. Il microbioma è stato così interpretato come una rete complessa, in cui i microrganismi possono agire in modo sinergico o antagonista. L’analisi ha permesso di identificare sottogruppi di pazienti con adenoma che presentano profili batterici simili a quelli osservati nei pazienti con carcinoma, suggerendo l’esistenza di stati di transizione microbica potenzialmente rilevabili prima della comparsa clinica del tumore.

In particolare, in questi sottogruppi a più alto rischio sono emersi generi batterici centrali (hub) che sembrano svolgere un ruolo chiave nella rete microbica: in alcuni casi, Peptostreptococcus è risultato il nodo più connesso, con forti interazioni con Fusobacterium, Parvimonas e Porphyromonas; in altri, il centro della rete era dominato da Fusobacterium, con contributi da parte di altri generi come Lachnospiraceae UCG-010. Queste configurazioni microbiche ricorrenti, più che la presenza isolata di singoli batteri, sembrano associarsi ai profili di rischio più elevato, aprendo la strada a una valutazione del rischio basata sulle dinamiche dell’ecosistema microbico piuttosto che su singoli marcatori. Grazie all’adozione dell’intelligenza artificiale spiegabile, questo lavoro offre un modello predittivo non solo efficace, ma anche trasparente e interpretabile, favorendo una possibile integrazione nella pratica clinica per migliorare la prevenzione personalizzata del cancro al colon-retto.

"Questo studio ci insegna che non basta sapere quali batteri sono presenti: bisogna capire come si influenzano a vicenda. È la rete microbica che fa la differenza - spiegano la  coordinatrice del progetto, Sabina Tangaro e Amedeo Amedei (Università Firenze) - La Xai ci permette di leggere il microbioma come un sistema complesso, ma con strumenti alla portata del clinico".

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