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Tubercolosi, paura per la diffusione del virus in Europa

Infettivologia Redazione DottNet | 05/03/2010 19:14

Una crescita nell'impegno per impedire che la tubercolosi si diffonda nuovamente in Europa. Questo è quanto è stato auspicato dal Responsabile dei Novartis institutes for developing world medical research, Paul Herrling, durante l'incontro di stamane a Roma tra associazioni di pazienti e la multinazionale farmaceutica. La Tubercolosi è nel mondo un'infezione molto grave che colpisce tra gli 8 e i 10 milioni di persone ogni anno, provocando circa 4 milioni di morti. Negli ultimi anni inoltre, ha ricordato Paul Herrling , sono sempre più comuni i casi di batteri resistenti alle terapie in uso: circa 40.000 persone sono colpite dal tipo MDR-TB, resistente agli antibiotici e non debellati neanche dai farmaci di seconda linea, definita XDR-TB.

Anche in Europa i dati confermano la crescita di questo tipo di morbo, soprattutto in pazienti provenienti dall'Africa e dai Paesi dell'ex Unione sovietica. La tubercolosi è per eccellenza, secondo Herrling, la malattia dei poveri, in cui le carenze igieniche creano le condizioni favorevoli all'infezione. ''Tuttavia - come ricorda il responsabile della ricerca della Novartis - sono quasi 2 miliardi le persone che hanno il batterio nel proprio corpo senza avere sintomi, ma che nel corso della loro vita possono finire con l'ammalarsi''. E quando passano dallo stato di portatore sano a uno stato conclamato diffondono la tbc anche in ambienti di per sè poco predisposti. Negli anni '80, ad esempio, negli Stati Uniti un unico ammalato, spostandosi da New York, ha lasciato dietro di sé una scia di infezioni.

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''Ciò dimostra - ha concluso Herrling - che è una buona idea anche per noi, dei Paesi occidentali e industrializzati, operare nella ricerca affinché si trovino gli strumenti per arginare una nuova possibile diffusione''. Durante il workshop, per questa ragione, sono stati presentati i nuovi progetti di ricerca della Novartis - anche con una prospettiva no profit - per combattere tubercolosi, malaria e dengue attraverso più di 6.000 ricercatori e 2 miliardi di dollari di finanziamento l'anno. Tre malattie che affliggono i Paesi poveri e che per questo sono definite ''neglette'', ma che attraverso la massima mobilità che le persone hanno oggigiorno, potrebbero espandersi a macchia d'olio.

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