La scelta di aumentare il prelievo sui margini delle farmacie, con la manovra, ha portato alcuni ad immaginare scenari catastrofici. I risparmi di spesa sulla sanità porterebbero alla chiusura «di quasi il 20% delle farmacie italiane», commenta Alberto Mingardi sul Sole 24 ore. L'impatto sull'accessibilità dei medicinali sarebbe devastante. In queste condizioni, parrebbe inappropriato chiedere più concorrenza per questo comparto. E invece è paradossalmente proprio in frangenti come questo che la competizione fra diversi canali di distribuzione può aiutarci a raggiungere prima e meglio un equilibrio.
Sono passati quasi tre anni dal primo decreto Bersani, e tuttavia i contorni della distribuzione del farmaco in Italia continuano ad apparire sfocati. Quel provvedimento aprì la distribuzione dei farmaci da banco (otc e sop) a nuovi canali distributivi, individuando nella presenza di un farmacista e non nella titolarità da parte del farmacista di un esercizio commerciale (la farmacia), la garanzia dell'appropriatezza nella somministrazione. Da allora sul mercato da banco sono entrate, oltre alle farmacie, nuovi esercizi avviati da farmacisti (para-farmacie) e alcune catene della grande distribuzione, che hanno predisposto appositi corner all'interno dei propri punti vendita.
Queste iniziative hanno riscosso apprezzamento, non solo per l'effetto sui prezzi del nuovo assetto più concorrenziale, ma soprattutto perché hanno accorciato le distanze fra farmaco e consumatore. Tuttavia, è difficile non vedere i limiti di una situazione in assestamento, nella quale i farmacisti impiegati dalla grande distribuzione sono sotto-utilizzati (se ad essere venduti sono prodotti da automedicazione, a che pro mantenere una professionalità dedicata?) e le para-farmacie finiscono a fare concorrenza alle farmacie soprattutto sul para-farmaco.
Non a caso, in parlamento giacciono diversi disegni di legge (a firma di diversi esponenti di maggioranza e opposizione) che ambiscono a incidere sul comparto, portandovi più razionalità. Purtroppo, il tratto comune di buona parte di questi ddl è l'ambizione di restringere il perimetro della concorrenza.
La distribuzione del farmaco è contrassegnata, all'origine, da due peccati originali: la pianta organica e la definizione da parte del legislatore della segmentazione del prezzo a vantaggio dei diversi attori della filiera. L'uno e l'altro sono elementi di pianificazione dell'offerta: il bastone e la carota di una logica per cui la tutela dell'accesso al bene-farmaco deve far premio sulle regole di mercato. È attraverso questa logica che si è arrivati alla definizione per legge dei margini che spettano ai diversi attori della filiera, su cui ora si va ad incidere, in periodo di magra.
Anche senza rivedere la disciplina della pianta organica, senza cioè incidere sull'offerta di farmacie “propriamente dette”, sarebbe possibile una riforma del settore che irrobustisse gli elementi di mercato. Essa dovrebbe essere incentrata non su una battaglia pro o contro la farmacia, e neanche sull'illusoria ambizione di moltiplicare a dismisura i punti di vendita. Ma, al contrario, su quella che è la vera e più autentica caratteristica dei mercati della distribuzione: cioè il pluralismo dei canali distributivi. Il paziente è tutelato dalla professionalità del farmacista. Ma il consumatore è tutelato dalla concorrenza fra diversi modelli, dalla possibilità di accedere in modo diverso a diverse categorie di farmaci, che indubbiamente - sia rispetto alla rimborsabilità da parte dell'Ssn, sia rispetto all'efficacia terapeutica e, simmetricamente, alla pericolosità in caso di uso inappropriato - non sono assimilabili.
L'Istituto Bruno Leoni propone in un suo documento recente la riorganizzazione della distribuzione del farmaco imperniata su tre canali distributivi.
a) Farmacie ricomprese nella pianta organica. Resterebbero le uniche farmacie autorizzate a commercializzare farmaci a carico, anche parzialmente, del Servizio sanitario nazionale. Potrebbero vendere prodotti di altro genere (profumeria, parafarmaco, eccetera) a discrezione dei gestori.
b) Para-farmacie extra pianta organica. Potrebbero vendere tutti i farmaci a totale carico dell'acquirente, quindi sia i farmaci senza necessità di prescrizione medica sia i preparati ricompresi nella cosiddetta fascia C. In questi esercizi dovrebbe esservi la costante presenza di almeno un farmacista abilitato all'esercizio della professione, ma la titolarità può essere di qualunque persona, fisica o giuridica.
c) Tutti gli esercizi commerciali senza presenza di farmacista potrebbero invece vendere i farmaci senza obbligo di prescrizione. Questi esercizi potrebbero liberamente vendere tali medicinali, limitandosi a separarli fisicamente rispetto a prodotti di diverso tipo commercializzati nel medesimo locale.
Con questa “tripartizione”, la distribuzione del farmaco potrebbe assumere un assetto nuovo: pluralistico e aperto alla sperimentazione, e per questo potenzialmente assieme più efficiente e vicino ai consumatori.
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