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Tumore alla prostata: 13 associazioni chiedono lo stop alla campagna del ministero

Oncologia Silvio Campione | 22/06/2010 11:44

Tredici Associazioni ed organizzazioni scientifiche della medicina generale e non hanno inviato al ministro della Salute e a quello delle pari opportunità una lettera aperta con la richiesta di sospendere gli spot pubblicitari sulla "prevenzione" del tumore della prostata, in corso sulla televisione e altri mezzi di divulgazione.Nel comunicato, sottoscritto anche dallo CSeRMEG che ne è stato il primo promotore, si fa notare che non esistendo interventi di efficacia dimostrata per la prevenzione del tumore della prostata, la campagna non può che esitare in una promozione di interventi di screening basati su test di laboratorio (PSA) e strumentali, il cui risultato, stando ai dati derivanti dalle più recenti ricerche, è gravato da uno sfavorevole rapporto beneficio-rischio.

Questo il testo del comunicato, redatto in forma di lettera aperta ai due ministeri.

 

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 Le sottoscritte organizzazioni e associazioni scientifiche, pur comprendendo la tensione positiva alla promozione della cultura per l'autotutela della salute maschile, chiedono la sospensione della campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del tumore della prostata, promossa dai ministeri delle Pari opportunità e della Salute, perché tale iniziativa non può produrre altro risultato che un aumento inappropriato del ricorso a test per la diagnosi precoce in soggetti privi di sintomi. Poiché alla stato attuale delle conoscenze non esistono interventi di prevenzione primaria del tumore alla prostata, una propaganda al pubblico nei termini in cui è condotta, è discutibile scientificamente ed eticamente;  può danneggiare – fisicamente e in termini di qualità della vita – più persone di quante non ne possano beneficiare; è, infine, inopportuna, in un periodo in cui ai cittadini e ai medici si chiede rigore.

Infatti, dopo anni di incertezze scientifiche sullo screening per i tumori alla prostata,  due grandi studi controllati pubblicati nel marzo 2009 sul New England Journal of Medicine, hanno infine documentato che i danni di questo screening possono essere maggiori dei benefici. Anche negli U.S.A., dove lo screening è stato molto diffuso, persino i più determinati fautori hanno rivisto le loro posizioni invitando alla prudenza.

 

Lo screening del tumore prostatico (che è un intervento di diagnosi precoce e non di prevenzione primaria) non è paragonabile a quello mammografico né tanto meno a quello della cervice uterina, ed è ammissibile solo a seguito di una decisione presa sulla base di un colloquio personale tra medico e paziente, con una corretta informazione sui possibili benefici e sui possibili danni in cui può incorrere chi vi si sottopone. La ricerca di tumori prostatici espone infatti ad un rischio finora ineliminabile di trovare tumori “silenti”, cioè non destinati a dare alcun segno di sé, e che sono molto più comuni di quelli aggressivi e ad evoluzione prognostica peggiore. Il trattamento che fa seguito alla diagnosi non offre in tali casi nessun beneficio, mentre espone la persona ad un elevato rischio di impotenza sessuale e incontinenza urinaria, oltre a quello operatorio.

Da un punto di vista di sanità pubblica, perciò, vi è unanime consenso internazionale sulla inopportunità e dannosità di promuovere l'uso di qualsiasi test in persone che non abbiano sintomi. Mentre è questo purtroppo l'unico risultato prevedibile delle campagna in atto.

Le sottoscritte organizzazioni suggeriscono, oltre alla sospensione della campagna così come formulata, l'adozione sistematica di un metodo di consultazione di operatori (medici di famiglia, epidemiologi, specialisti, esperti di sanità pubblica), di rappresentanti dei cittadini) e degli organi tecnici del Servizio sanitario implicati, sia a livello centrale (Sistema nazionale linee guida, Osservatorio screening eccetera) sia a livello regionale..

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