Oncologi e nefrologi ritengono 'sempre più urgente la creazione di un tavolo di lavoro comune sui biosimilari tra Istituzioni sanitarie, associazioni mediche, pazienti e aziende produttrici', per discutere sull'efficacia e sulla sicurezza di questi farmaci. E' quanto è emerso a Roma, a due anni dall'inizio del percorso di sensibilizzazione sui biosimilari promosso dalla Fondazione dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), in collaborazione con altre società scientifiche.
Dal 2008 è migliorata fra gli specialisti la conoscenza sui farmaci biotecnologici, ma 'il prossimo obiettivo - afferma Francesco Cognetti, direttore del dipartimento di oncologia medica Irccs Regina Elena di Roma, tra i coordinatori del progetto sui biosimilari - è che il disegno di legge che giace in Parlamento venga rapidamente approvato, in modo da tutelare i malati e far sì che non prevalga la logica del risparmio su quella dell'evidenza scientifica e delle raccomandazioni di sicurezza emanate dalla stessa Agenzia europea Emea'. Oggi gli esperti conoscono le caratteristiche e i rischi dei farmaci biotecnologici, tanto che l'85% è d'accordo con la norma già approvata in alcuni Paesi europei, ma non ancora in Italia, che impedisce la sostituibilità automatica, come invece accade per i farmaci generici.
I biosimilari sono farmaci ''biotech'' simili ma non uguali alla molecola originale, che si possono realizzare dopo la scadenza del brevetto, in genere di 20 anni. Si tratta di farmaci registrati e indicati per numerose malattie, ottenuti sulla base di prodotti già sul mercato e che hanno passato tutti i controlli da parte dell'Agenzia europea per i medicinali (Emea) e dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Per questi motivi i farmaci biosimilari necessitano di un minor numero di studi clinici e di conseguenza costano meno rispetto agli originali, anche se le linee guida tecniche dell'Emea indicano in modo preciso quali studi clinici devono supportare ciascuna molecola. I farmaci biotecnologici, in generale, sono molto costosi a causa del complesso processo produttivo e la differenza di prezzo tra originale e copia e' del 20-30%. Ottenere un farmaco biotecnologico è infatti molto più complesso rispetto a produrre un comune farmaco chimico: basta una piccola modifica del processo di produzione perché il risultato finale sia diverso. Inoltre la molecola è molto più pesante e si ha una maggiore variabilità strutturale. Il principale problema di queste molecole è l'immunogenicità, ovvero la capacità di indurre una risposta immunitaria nell'organismo. Secondo le linee guida emanate dall'Emea, i farmaci biotech originali e i biosimilari vanno impiegati alle stesse dosi, con le stesse indicazioni per le medesime patologie e con la stessa via di somministrazione dell'originale. I primi due farmaci biosimilari (copia dell'ormone della crescita somatotropina) sono entrati in commercio nel 2006 in Austria e Germania, in seguito all'approvazione dell'Emea. Nel 2007 sono stati seguiti da altri prodotti, tra cui l'eritropoietina alfa per il trattamento dell'anemia da chemioterapia e per quella renale. In Italia al momento sono in commercio tre molecole biosimilari e una decina di prodotti, ma stanno per scadere numerosi brevetti. Nel 2008 è stato presentato un ddl in materia di farmaci biosimilari per non consentire la sostituzione automatica in farmacia del medicinale biologico di riferimento col corrispondente biosimile. Attualmente il ddl è fermo in Parlamento.
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