Nuove armi intelligenti per la lotta al tumore ai polmoni, prima causa di morte nei Paesi industrializzati. Si tratta di farmaci "a bersaglio molecolare, non tossici, che non vanno ad aggredire tutte le cellule puntando solo a quelle malate e si posizionano proprio là dove entrano i fattori di crescita, in pratica come una sorta di 'tappo'. Così non solo non aggrediscono le cellule sane, ma agiscono su tutte quelle malate, nessuna esclusa". Lo ha spiegato Filippo de Marinis, presidente della II Italian Conference on Thoracic Oncology (Ciot), promossa dall'Associazione italiana oncologia toracica (Aiot). Sono i farmaci biologici anti-Egfr, in compresse: erlotinib, gefinitib (in Italia da una settimana), e crizotinib (nel prossimo futuro). Si tratta di medicinali con "una grande potenzialità ma anche un limite: agiscono - spiega l'esperto - solo su pazienti che presentano particolari mutazioni geniche, circa il 15% della totalità di quelli con tumore del polmone, tutti per lo più non fumatori". Insomma una buona notizia per i malati di tumore al polmone - che conta 35-40 mila nuovi casi ogni anno nel nostro Paese - ma anche una doccia fredda per i fumatori: per loro questa terapia non funziona. Il gefinitib, in particolare, è efficace sui malati di tumore al polmone 'non a piccole cellule' che presentano una particolare mutazione dell'Egfr. Questa mutazione si trova quasi sempre solo in chi non ha fumato o in ex fumatori che hanno smesso da parecchio.
Ma le novità illustrate non terminano qui. In Italia da poco tempo è disponibile un altro farmaco biologico, l'erlotinib, usato al fallimento della chemioterapia. Questo farmaco è al centro dello studio europeo Eurtac: una ricerca che coinvolge 40 centri spagnoli, 10 italiani (coordinati da de Marinis) e 20 francesi. Grazie a questo studio, spiegano i ricercatori, entro il prossimo anno erlotinib si potrà usare alla fine della chemio per 'mantenere' il risultato ottenuto e presto potrebbe essere prescritto in prima battuta ai malati che presentano la particolare mutazione genica di Egfr. Infine si sta studiando il crizotinib, anche questo in compressa, legato a una mutazione genica (quella del gene Alk), quasi sempre assente nel tumore del fumatore. "I farmaci biologici bloccano il tumore e, in molti casi, lo fanno regredire, ma soprattutto non danno quegli effetti tossici negativi che, purtroppo, sono correlati alla chemioterapia", evidenzia de Marinis. "E' una svolta clamorosa, al punto che i più noti esperti al mondo sono giunti a Roma proprio per disegnare il percorso terapeutico al quale dovrebbero attenersi i clinici". "Anche se, è bene sottolinearlo - aggiunge - la chemioterapia resta un'arma importante nelle mani del medico, perché queste nuove terapie sono efficaci solo su alcune categorie di pazienti con tumore al polmone". "L'arrivo di queste nuove terapie è una buona notizia per tutti i malati di tumore al polmone, ma una doccia fredda per i fumatori - aggiunge Cesare Gridelli, segretario dell'Associazione italiana oncologia toracica (Aiot) - perché per loro ci sono pochi farmaci.
Fonte: Adnkronos
Per commentare e approfondire l'argomento: Gruppo Tabagismo
Esame analizza 32 proteine ed è in grado di predire chi ha più probabilità di aver bisogno di cure o di morire per queste patologie
Lo rivela un ampio studio presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) a Vienna da Anne Vejen Hansen dell'Ospedale Universitario di Copenaghen
I pazienti che hanno ricevuto un trattamento diretto dallo pneumologo hanno avuto un minore utilizzo successivo dell'assistenza sanitaria per malattie respiratorie rispetto a quelli che hanno ricevuto cure abituali
Lo ha accertato uno studio internazionale in collaborazione fra l'Università francese Paris-Saclay, e quelle di Padova, Napoli Federico II e altri atenei stranieri
Esame analizza 32 proteine ed è in grado di predire chi ha più probabilità di aver bisogno di cure o di morire per queste patologie
Lo rivela un ampio studio presentato al Congresso della European Respiratory Society (ERS) a Vienna da Anne Vejen Hansen dell'Ospedale Universitario di Copenaghen
I pazienti che hanno ricevuto un trattamento diretto dallo pneumologo hanno avuto un minore utilizzo successivo dell'assistenza sanitaria per malattie respiratorie rispetto a quelli che hanno ricevuto cure abituali
Lo ha accertato uno studio internazionale in collaborazione fra l'Università francese Paris-Saclay, e quelle di Padova, Napoli Federico II e altri atenei stranieri
Commenti