"In un settore la liberalizzazione ha funzionato: è il mercato dei farmaci da banco, dove la legge Bersani ha stimolato la concorrenza tra il punto vendita tradizionale, la farmacia, e i nuovi entrati nel gioco, parafarmacie e ipermercati, ampliando la forbice di prezzo che arriva a registrare differenze del 70%, per uno stesso farmaco". E' quanto afferma Altroconsumo, che ha condotto un'indagine in dieci città italiane (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Verona), confrontando i prezzi di 68 farmaci senza obbligo di ricetta rilevati in 144 punti vendita tra farmacie (111), parafarmacie (17) e ipermercati (16). La liberalizzazione del settore, partita nel 2006, e l'allargamento dei canali di vendita hanno dunque avuto un effetto positivo secondo l'associazione: se si sceglie il punto vendita più conveniente si può risparmiare molto. Altroconsumo evidenzia anche che "i prezzi sono in frenata: dall'anno della liberalizzazione l'aumento è stato al massimo del 3,4%, mentre tra il 2000 e 2005 era stato del 19%. Se si fa giocare la concorrenza, visitando diverse farmacie, il prezzo medio di uno stesso farmaco può variare del 57%; nelle parafarmacie del 37% e nei corner della grande distribuzione del 33%".
Bisogna fare di più: Altroconsumo propone "che anche i medicinali in fascia C con ricetta, in presenza del farmacista, siano venduti fuori dalle farmacie. Tendenza opposta rispetto all'orientamento del Governo che sta discutendo proposte di legge che 'ingessano' il mercato". Secondo i dati raccolti da Altroconsumo, a fronte delle possibilità di risparmio permane ancora una certa 'opacità' nel presentare il prezzo finale del prodotto al consumatore. Dal gennaio 2008 sono stati aboliti i prezzi massimi di riferimento sui farmaci senza ricetta, lasciando libertà al farmacista di stabilirne l'entità. Dovrebbe fare bella mostra di sé un listino prezzi, obbligatorio per legge dal 2008, purtroppo spesso inesistente:solo nel 42% dei punti vendita visitati esiste un elenco dei prezzi dei farmaci aggiornato al 2010, e solo nel 28% il consumatore ha la possibilità di consultarlo.
Fonte: Adnkronos
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