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Farmaci equivalenti: pubblichiamo uno studio sulla loro efficacia

Farmaci Silvio Campione | 12/01/2011 22:51

La diatriba generico sì e generico no continua. Sulle pagine del nostro social si polemizza sulla qualità del farmaco equivalente, adducendo varie motivazioni in base alla categoria di appartenenza. Il medico non è del tutto convinto sulla bontà del generico, il farmacista sostiene invece che non ci sono differenze se non nei costi. A tal proposito pubblichiamo i risultati di una ricerca che per dovere di correttezza informativa pubblichiamo. A ognuno, poi, le debite considerazioni.

Contrariamente a quanto alcuni temono, alla prova dei fatti, la sostituzione di un farmaco griffato con il corrispondente equivalente non sembra influenzare significativamente il livello di aderenza alla terapia da parte dei pazienti. Almeno quando si considerano due farmaci largamente impiegati nell'area cardiovascolare come l'antipertensivo amlodipina e l'anticolesterolemico simvastatina. In entrambi i casi, la riduzione di compliance tipicamente riscontrata sarebbe legata non al tipo di medicinale proposto o al passaggio da una confezione all'altra, ma soprattutto alla necessità di assumere i farmaci per lunghi periodi di tempo e a variabili cliniche e anagrafiche (Mainar SA, Navarro Artieda S. Gaceta Sanitaria, 2010; 24:473-82).  A sgretolare uno dei principali scogli a una più ampia diffusione dei farmaci equivalenti, efficaci e sicuri quanto i branded ma più vantaggiosi sotto il profilo economico per il Servizio sanitario nazionale e i pazienti, è uno studio osservazionale multicentrico spagnolo che ha analizzato retrospettivamente i registri delle prescrizioni mediche ambulatoriali relative a 1.

252 pazienti con età media di 72,4 anni (48,9% donne) in terapia con amlodipina (620, 49,5%) o simvastatina (632, 50,5%), selezionati in una popolazione complessiva di 45.869 soggetti ipertesi o dislipidemici dell'area di Badalona (Barcellona, Spagna).  Confrontando l'andamento dei livelli di compliance su un periodo di due anni tra i pazienti trattati continuativamente con un farmaco branded e quelli ai quali era stato proposto il passaggio ad amlodipina o simvastatina equivalenti dopo i primi 12 mesi, si è visto che la riduzione di aderenza rispetto all'inizio della terapia interessava in misura paragonabile le due coorti.

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In particolare, il livello di compliance nel tempo passava dall'84,3 all'81,9% (p=0,031) tra i pazienti che sostituivano amlodipina branded con la versione generica e dall'85,8 all'83,2% nel gruppo di controllo. Per simvastatina le variazioni di aderenza nelle due coorti andavano rispettivamente dall'86,2 all'83,8% (p=0,039) e dall'88,2 all'82,1%.  Analizzando i dati ottenuti con regressione lineare corretta per variabili cliniche e anagrafiche si è osservato, inoltre, che a influenzare l'aderenza generale ai trattamenti erano soprattutto fattori non legati al tipo di farmaco assunto. In particolare: la maggior durata della terapia (OR=1,4; p=0,003), l'età più avanzata (OR=1,1; p=0,008), la copresenza di depressione (OR=1,9; p=0,011) o diabete (OR=1,3; p=0,046) e l'appartenenza al sesso femminile (OR=1,4; p=0,015).  Questi risultati, uniti all'evidenza di una comprovata sovrapponibilità terapeutica (Kesselheim AS et al. JAMA, 2008; 300:2514-26), dovrebbero indurre i medici a proporre con maggior convinzione i farmaci equivalenti in ambito cardiovascolare, in un'ottica di risparmio a fronte di un'efficacia clinica certificata, e a migliorare la fiducia dei pazienti in questi medicinali. Cosa che oggi non sempre avviene: dalle interviste condotte in parallelo allo studio è emerso, infatti, che ben il 73,8% dei medici coinvolti proponevano amlodipina e simvastatina generiche e ben il 78,9% dei pazienti accettava la sostituzione, ma soltanto il 55,3% di essi riteneva di aver ricevuto informazioni adeguate a riguardo. Clicchi qui per commentare.

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