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Testa (Snami): l’affollamento degli ospedali è da attribuire alle regioni che non applicano gli accordi. Milillo: aumentano i vaccinati contro l’influenza

Sanità pubblica Silvio Campione | 24/01/2011 21:00

Contro gli affollamenti dei pronto soccorso è sbagliato dare la colpa ai medici di medicina generale o proporre soluzioni 'demagogiche' come le aggregazioni di medici. Ad affermarlo lo Snami, (sindacato nazionale autonomo medici italiani), sottolineando come le responsabilità siano da imputare al 'rilento' con cui le regioni applicano gli accordi e all'inadeguatezza degli organici dei pronto soccorso, 'sottodimensionati' in particolare nel periodo invernale. Per risolvere il problema non bastano 'le aggregazioni di medici sul territorio che faranno da filtro per i codici bianchi e verdi', spiega il leader dello Snami, Angelo Testa, e in ogni caso bisogna smettere di 'colpevolizzare i medici del territorio! I medici di medicina generale sono gli ultimi ad avere responsabilità per l'intasamento del pronto soccorso'.

Peraltro, aggiunge, 'in gran parte le disfunzioni nascono per il mancato coinvolgimento dei medici di famiglia nella programmazione'. Ma 'se un paziente aspetta anche 12 ore prima di entrare nel pronto soccorso, se gli accessi annui arrivano a 30 milioni, allora quel comparto va ordinariamente rafforzato e ancor di più straordinariamente aumentando l'organico nel periodo invernale dell'acme dell'influenza'.
'Noi medici di medicina generale - dice ancora Testa - abbiamo dato il massimo, essendo parte attiva della continuità h 24, al fine di perseguire gli obiettivi di salute dei cittadini con il miglior impiego possibile delle risorse, collaborando con gli specialisti, mettendo a disposizione le figure professionali presenti nel nostro settore, guardia medica ed emergenza territoriale e medicina dei servizi'.
Lo Snami, con workshop in tutta Italia, comunque, sta studiando il modo di 'perfezionare con una forte collaborazione tra i medici della medicina generale e di pronto soccorso, atteggiamenti omogenei tra ospedale e territorio'.Giacomo Milillo, segretario della Fimmg, sull’argomento afferma anch’egli, d’accordo con Testa,  che: “la soluzione non è nello scaricabarile. I Medici di medicina generale da tempo si propongono per avviare una organizzazione diversa, ma a parte linee guida ministeriali e pochi finanziamenti, la maggior parte delle Regioni ancora non si è attivata in questa direzione''.

E a proposito di vaccinazioni antinfluenzali, Milillo precisa che “nell'ultimo periodo c'è stata ''una piccolissima ripresa delle vaccinazioni'' per effetto delle ''campagne del ministero e nostra'', anche se ''quest'anno la campagna vaccinale ha subito gli inconvenienti che si sanno, perché la gente si è spaventata per la disinformazione dello scorso anno''. “i medici di famiglia – aggiunge Milillo - si sono organizzati, con le proprie risorse'' per far fronte al picco influenzale ''che ancora stiamo aspettando''. L'andamento del virus, ricorda, ''non è prevedibile'', ma ''se il picco fosse previsto più in là sarebbe utile continuare con le campagne di vaccinazione, che ancora potrebbero avere effetto. Ogni giorno siamo in contatto con il ministero per gli aggiornamenti sulle previsioni''. In Italia, il numero di casi di influenza dovuti al virus A/H1N1 è al momento pari a circa il 60-70% del totale, una percentuale comunque inferiore al 2010 quando la quasi totalità dei casi era imputabile all'influenza A.

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Lo ha affermato il direttore del dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità, Gianni Rezza, rilevando inoltre come il maggior numero di morti per influenza A registratosi in Puglia è ''difficile da spiegare'' ma potrebbe imputarsi ad un ''insieme di fattori''. ''Al momento - ha detto Rezza - il 60-70% dei casi di influenza è dovuto al virus A/H1N1, il resto è influenza di tipo B. Nel 2010 pressoché il 100% dei casi fu invece dovuto al virus A; non c'è dunque ad oggi un aumento notevole dell'incidenza del virus A rispetto allo scorso anno''. Inoltre, ha aggiunto Rezza, ''piccole mutazioni sono state registrate a carico del virus A/H1N1, ma queste non influenzano ne' la risposta al vaccino, ne' la terapia, ne' hanno effetti sulla virulenza del virus''. Tuttavia, ha precisato l'esperto, ''aumentando globalmente il numero di casi in vista del picco previsto per febbraio, aumentano anche, purtroppo, i casi con esito letale, pur rimanendo comunque la minoranza''. Riferendosi poi alla situazione della Puglia, dove si registra il maggior numero di vittime per influenza A, ''è difficile spiegare tale aggregazione di casi letali, anche se - ha rilevato Rezza - con numeri ridotti non si può parlare di significatività statistica''. Una spiegazione, secondo l'esperto Iss, ''potrebbe essere la relativamente bassa copertura vaccinale delle fasce a rischio o forse una maggiore incidenza di malati a livello locale in determinate aree''. Tuttavia, ha concluso Rezza, ''non ci sono al momento elementi particolari per spiegare tale situazione, che potrebbe anche essere dovuta a fattori casuali''. Intanto il ministero della Sanità bulgaro ha dichiarato lo stato di epidemia nella capitale Sofia (oltre 1,5 milioni di abitanti) dopo che negli ultimi due giorni il numero dei malati di influenza virale ha superato i 200 casi ogni 10.000 abitanti. Tra le misure, la chiusura, da oggi fino alla fine della settimana, di tutte le 281 scuole nella città. Da alcuni giorni lo stato di epidemia è ormai in vigore in molte delle principali città in Bulgaria. Secondo il Laboratorio nazionale di referenza, in oltre il 90% dei casi si tratta di influenza A (H1N1), la cosiddetta febbre suina.

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