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Inpdap: finalmente nasce la pensione differita

Previdenza Giovanni Vezza | 22/02/2011 12:12

Chi nel corso del tempo ha avuto a che fare con la pensione dei medici e soprattutto dei medici ospedalieri lo sa molto bene: mai cessare dal lavoro dipendente in ospedale senza avere maturato il diritto a pensione! L’Inpdap, infatti, salvo il caso della prosecuzione volontaria della contribuzione (particolarmente onerosa, limitata nel tempo e comunque soggetta a specifiche limitazioni) si è sempre fino ad oggi rifiutato di pagare la pensione a quanti non fossero in possesso dei requisiti prescritti al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Al soggetto cessato dal rapporto a 58 anni, anche se aveva 20 anni di contributi, non serviva a nulla aspettare ad esempio il 65° anno di età, sperando di avere la pensione dall’Inpdap: l’Istituto infatti eccepiva la mancata attualità della posizione contributiva rifiutando l’erogazione del trattamento. 

La strada spesso consigliata in questo caso era la costituzione della rendita vitalizia ex legge 322/1958; in pratica si trasferivano gratuitamente i contributi dall’Inpdap all’Inps e quest’ultimo ente erogava comunque una pensione (cosiddetta pensione differita) al compimento del 65° anno di età (ovvero al 60° anno per le donne). Ma sono state proprio le donne a decretare la fine della legge 322. Infatti essa avrebbe potuto rappresentare una sorta di comodo salvagente per le dipendenti pubbliche (anche ad esempio i medici ospedalieri) che dal 2012 saranno costrette ad andare, come i colleghi maschi, in pensione a 65 anni. Per aggirare la norma avrebbero infatti potuto trasferire i contributi all’Inps e mantenere a soli 60 anni il diritto alla pensione di vecchiaia. Ecco perché la recente manovra finanziaria, attuata con il decreto legge 78 e con la legge di conversione 122 del 31 luglio 2010, ha abrogato la legge 322/1958 a partire dal 31 luglio 2010. Non è quindi più possibile per i medici dipendenti pubblici chiedere il trasferimento gratuito dei contributi all’Inps, fatta ovviamente eccezione per coloro che abbiano presentato la domanda prima dell’entrata in vigore della legge.

A questo punto, però, l’Inpdap, per evitare palesi disuguaglianze, si è visto costretto ad abbandonare il requisito dell’attualità della contribuzione e ad introdurre anch’esso l’istituto della pensione differita. Con apposita circolare (la n. 18/2010) l’Inpdap ha infatti affermato che considererà, anche dopo la cessazione dell’attività lavorativa nel pubblico impiego, il mantenimento della posizione contributiva presso l’Istituto come utile per il diritto a pensione presso lo stesso Inpdap, sia per la pensione di anzianità sia per la pensione di vecchiaia. Insomma, se ad esempio un medico dopo più di 20 anni di servizio si dimette dall’ospedale e diventa convenzionato o libero professionista, non dovrà più trasferire altrove i suoi contributi per non perderli; quando avrà raggiunto l’età per la pensione di vecchiaia (dal 2012 65 anni sia per gli uomini che per le donne) potrà richiedere la pensione direttamente all’Inpdap, che la calcolerà secondo la propria normativa, ovviamente con le rivalutazioni sino alla decorrenza del trattamento. 

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