Slitta di una settimana l'iter della legge sul biotestamento, ma la maggioranza punta a chiudere in tempi brevi alla Camera. E puntuali tornano le polemiche intorno a un tema che da un paio d'anni spacca in due la società e la politica. Ieri hanno manifestato le associazioni del coordinamento laico nazionale, l’Uaar e l’associazione Luca Coscioni per le quali il ddl impedisce l'esercizio del diritto all'autodeterminazione terapeutica: "La maggioranza vuole costringere ognuno a restare artificialmente in vita anche in stato vegetativo irreversibile, questo è 'dispotismo etico' perché il ddl è ispirato a un principio di autorità, ma nessuno può essere obbligato a subire un determinato trattamento sanitario contro la propria volontà".
La discussione inizia a febbraio 2009 con la morte, dopo l’interruzione della nutrizione forzata, di Eluana Englaro, da vent'anni in stato vegetativo permanente. Dopo il sì del Senato, il 26 marzo di quell'anno, il provvedimento arriva a Montecitorio dove la commissione Affari sociali l'approva a maggio 2010 con alcune modifiche significative. Da allora, un lungo stop fino all’ultimo slittamento: il ddl doveva approdare in aula ieri (21 febbraio), ma i deputati sono impegnati con il milleproroghe e dunque si arriverà a marzo, e in ogni caso bisognerà tornare al Senato per una nuova lettura. Nel testo, in realtà, non si parla di "testamento biologico", bensì di "Disposizioni in materia di alleanza terapeutica, di consenso informato e di dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat, ndr)". Ma all'articolo 1 - è questo il punto centrale - si vieta ogni forma di eutanasia: le volontà delle Dat saranno tenute presenti dal medico che tuttavia, anche sentito il fiduciario, "non può prendere in considerazione indicazioni orientate a cagionare la morte del paziente o comunque in contrasto con le norme giuridiche o la deontologia medica". In altri termini, il "biotestamento", anche scritto, non sarà vincolante. Resta in ogni caso una legge scomoda, perché osteggiata dal Vaticano che preme sulla maggioranza affinché questo Decreto venga dimenticato, sulla scia di quanto sta facendo (e ottenendo) con la procreazione assistita. Ma cerchiamo di capire chi sono gli attori di questa vicenda, a cominciare dal relatore Raffaele Calabrò, medico napoletano di chiara fama e dalle indiscusse qualità. Calabrò ha in pratica – come affermano le opposizioni – reso inutile un decreto che così com’è non ha senso e che di fatto non fa nulla per aiutare chi realmente desidera dire basta a un inutile accanimento. Secondo Ignazio Marino (pd) si tratta di ''una legge che è contro 77 italiani su 100. Il testo che verrà discusso infatti impone obblighi e prescrizioni e calpesta la libertà di scelta delle cure che, invece, quasi la totalità degli italiani vorrebbe avere”. Calabrò, il pidiellino che ha messo a punto la normativa seguendo, dicono i maligni, il diktat del Vaticano non poteva fare altrimenti, visto che il senatore (ideatore di Euripe e fondatore dell'IPE, l'Istituto per le attività educative ed ex presidente del Consiglio regionale della Campania), cardiologo all'ospedale Pausilipon e del Monaldi è una colonna dell’Opus Dei, insieme a moglie, sorella e cognato. E quindi appare evidente la necessità di non trasgredire il diktat papale forgiando una legge che alla fine sarà solo controproducente. Secondo Margherita Miotto, capogruppo Pd in commissione Affari sociali della Camera, "dalla destra è partita una nuova crociata ideologica" per una legge che impone l'accanimento terapeutico ai medici e nega la libertà alla persona di rifiutare le cure, come prevede la Costituzione". Nei prossimi giorni, prosegue, "prevarrà l’esigenza tutta politica di alimentare lo scontro strumentalizzando in modo odioso e cinico la condizione di tante famiglie drammaticamente attraversate dalla sofferenza di un congiunto in fine vita. Ma tutto questo è funzionale a un obiettivo che prescinde dal merito. Una buona legge sul testamento biologico non può che essere condivisa con il sentire di larga parte del paese".
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