Contro l'allarme carenza medici la Regione Lombardia, pioniera dell'alleanza pubblico-privato in sanità, punta a estendere questo mix anche all'università. L'idea è quella di "un'università mista", un modello in cui il fabbisogno regionale di camici bianchi aggiuntivo a quello 'programmato' - imposto ogni anno dagli accordi con i ministeri della Salute e dell'Istruzione, Università e ricerca - possa essere coperto grazie a finanziamenti privati. Del privato cittadino o delle aziende, ospedaliere e non, che contribuendo a 'regalare' alla comunità nuovi professionisti potranno contare su una defiscalizzazione delle spese sostenute.
Questo, in sintesi, il senso del progetto che i presidi delle sei Facoltà di medicina lombarde hanno discusso ieri pomeriggio in un summit con l'assessore regionale alla Sanità Luciano Bresciani. "Un progetto che andiamo a disegnare - spiega Bresciani ai giornalisti - e che dopo una opportuna maturazione interna passerà al presidente Roberto Formigoni, che ne parlerà con i ministeri competenti: Salute, Miur, Economia". Secondo l'assessore, che nei giorni scorsi ha lanciato l'allarme e la provocazione ("valutare l'abolizione del numero chiuso nelle Facoltà di medicina"), si tratta di "un lavoro che certamente rispecchia la tendenza a rispondere in modo federale al fabbisogno regionale di medici". Pur "nel rispetto delle competenze generali del ministero", precisa."Il problema - sottolinea Virgilio Ferrario, preside della Facoltà di medicina dell'università Statale di Milano e coordinatore-portavoce del network delle sei Facoltà di medicina lombarde - è che il sistema del fabbisogno programmato" da cui deriva il meccanismo del numero chiuso con test d'ingresso "ha portato alla situazione drammatica in cui ci troviamo oggi.
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