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In arrivo nuove cure contro il melanoma. Tumori, gli obesi sono più a rischio

Oncologia Redazione DottNet | 06/06/2011 19:49

Il melanoma, il cancro alla pelle che e' una delle forme con piu' alta incidenza di mortalita' e per la quale poche erano finora le 'armi' a disposizione, oggi fa meno paura. Il trattamento con una nuova molecola 'rafforza-difese immunitarie' (ipilimumab), insieme alla tradizionale chemioterapia, ha infatti aumentato ''significativamente'' la sopravvivenza dei pazienti con melanoma metastatico: a tre anni, sono vivi il 20-25% dei pazienti trattati, contro il 5% del passato. La buona notizia arriva da uno studio del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York, presentato al Congresso della Societa' americana di oncologia (Asco) in corso a Chicago e in pubblicazione sul 'New England Journal of Medicine'.

Nello studio di fase III, 500 pazienti con melanoma metastatico e non trattati prima sono stati curati con la 'combinazione' del nuovo farmaco piu' la chemioterapia tradizionale: ''La ricerca - sottolinea l'autore Jedd Wolchok - analizza per la prima volta la sopravvivenza a tre anni di questi pazienti, e mai finora per questo tipo di cancro pazienti erano stati seguiti cosi' a lungo. Si e' visto cosi' che, ad un anno, sopravvive il 47.3% dei pazienti trattati contro il 36.3% di quelli curati solo con chemio e placebo; a due anni sopravvive il 28.5% contro il 17.9%, e a tre anni il 20.8% contro il 12.2%''. Si tratta, affermano i ricercatori, di un risultato mai raggiunto prima: con la terapia standard, infatti, il 50% di questi malati aveva una sopravvivenza media di 6 mesi e solo il 5% sopravviveva piu' a lungo''. Lo studio dimostra dunque l'efficacia del nuovo farmaco, gia' testato con successo su pazienti pre-trattati. Ma come funziona la molecola 'rafforza-difese'? Si tratta, spiega il direttore della Divisione di oncologia e immunoterapia del Policlinico di Siena Michele Maio, dove parte dei test sono stati condotti, ''di trattare il melanoma con un approccio nuovo e rivoluzionario, quello appunto dell'immunoterapia: in pratica - spiega - e' la manipolazione del sistema immunitario per renderlo piu' aggressivo contro il cancro. Gli effetti sono meno veloci della chemio ma piu' duraturi. La molecola - chiarisce Maio - agisce infatti rafforzando le cellule T del sistema immunitario, che diventano cosi' in grado di cercare e distruggere le cellule tumorali''. Un approccio, quello dell'immunoterapia o immuno-oncologia, che gli esperti definiscono 'di svolta' e che sta gia' cambiando il paradigma dei trattamenti in oncologia: la nuova molecola si sta ora sperimentando anche su altri tipi di tumore, come quello al polmone e alla prostata. Lo studio, per la sua novita', e' stato presentato all'Asco in sessione plenaria dinanzi a migliaia di specialisti. Il melanoma, infatti, resta una delle forme di cancro piu' difficili da combattere ed i numeri lo dimostrano: questa forma di cancro colpisce sempre di piu' anche i giovani, e' aumentata di 10 volte negli ultimi 50 anni e ogni anno nel mondo sono diagnosticati 138.000 nuovi casi (si stima che i casi raddoppieranno entro il 2019); in Italia, i nuovi casi sono 7-8.000 l'anno e 1.500 i decessi. Oggi, pero', c'e' una nuova arma a disposizione: ''L'immunoterapia - commenta il direttore della Ricerca della Bristol-Myers Squibb, azienda produttrice del farmaco, Renzo Canetta - e' uno strumento potente che stiamo imparando ad usare nel modo migliore e che crediamo diventera' - conclude - un nuovo pilastro decisivo per la lotta al cancro''. Dall'Asco arriva, inoltre, anche un altro studio sempre relativo al trattamento di pazienti con melanoma: lo studio di fase III BRIM3 ha dimostrato come un'altra nuova molecola (vemurafenib) migliori in modo significativo rispetto alla chemioterapia la sopravvivenza nei pazienti affetti da melanoma metastatico positivo alla mutazione del gene Braf (una percentuale notevole dei casi di melanoma), con una riduzione del rischio di decesso del 63%. Ma per riuscire a sconfiggere definitivamente il melanoma, pericolosissimo 'big killer', e' necessario 'allearsi'. Lo hanno capito le aziende farmaceutiche: proprio oggi, al Congresso degli oncologi Usa, l'azienda Roche ha annunciato di aver siglato un accordo di collaborazione con l'azienda Bristol Myers Squibb per studiare la combinazione delle molecole prodotte dalla due aziende per il trattamento di pazienti con melanoma.

Unire le forze, e' il messaggio, e' oggi una delle condizioni per vincere la battaglia contro il cancro. Ma non è tutto. Il cancro e', anche, una 'questione di peso': chi ha infatti un indici di massa corporea superiore alla norma, ha anche un rischio maggiore del 20% di ammalarsi di tumore. A puntare i riflettori sul legame tra cancro e sovrappeso sono gli esperti riuniti a Chicago per il congresso mondiale di oncologia (Asco): tenere sotto controllo l'ago della bilancia, avvertono, e' fondamentale per la prevenzione di tutti i tipi di tumore. Gli oncologi invitano dunque alla prevenzione anche attraverso il controllo del peso e delle abitudini alimentari, e all'argomento l'Asco ha dedicato una intera sessione dei lavori congressuali. I dati, sottolineano gli esperti, indicano infatti che i pazienti con tumore hanno uno sviluppo peggiore della malattia: ''Ad esempio, una donna che e' obesa al momento della diagnosi di un cancro al seno - afferma Cheryl Rock, docente di medicina alla University of California - ha il 78% in piu' di rischio di avere delle recidive''. E proprio per valutare se la perdita di peso in eccesso porti ad una migliore prognosi per le donne sopravvissute al cancro al seno, la University of California avviera' uno studio della durata di quattro anni su 800 donne che hanno avuto il cancro al seno ed erano obese al momento della diagnosi. Ma obesita' e sovrappeso rappresentano un grande pericolo anche per un soggetto sano: il peso in eccesso, confermano gli oncologi, e' un fattore di rischio sia per l'insorgenza del cancro sia per una limitata sopravvivenza alla malattia. La ragione di cio' e' anche di tipo biologico: ''Si e' visto infatti - spiega Pierfranco Conte, direttore del dipartimento di oncologia medica al Policlinico universitario di Modena - che una particolare proteina legata all'insorgenza dei tumori, Mtor, e' piu' elevata se c'e' una maggiore presenza di zuccheri in ambito cellulare. Questo e' dunque un elemento che potrebbe spiegare anche a livello molecolare perche' l'obesita' si associ ad una maggiore incidenza di neoplasia ed una peggiore prognosi in pazienti che hanno avuto il cancro. Ma l'eccessivo grasso e peso corporeo che associano ai tumori anche per altri due motivi: ''Il tessuto adiposo - rileva Conte - e' una sorta di 'discarica' dove si accumilano e permangono le sostanze tossiche e cancerogene; inoltre, e' anche fonte di produzione di estrogeni, che sonno cancerogeni soprattutto per seno ed endometrio''. In generale, precise l'esperto, le neoplasie maggiormente collegate all'eccesso di peso sono il cancro al seno, alla prostata, all'endometrio ed i tumori gastrointestinali. Vi consiglio, sottolinea l'oncologo, ''e' dunque quello di controllare sempre il peso corporeo, e l'invito ai medici e' di tenere in forte considerazione tale parametro, poiche' il sovrappeso ha un impatto negativo sia sull'efficacia delle terapie antitumorali e sia in termini di ripresa della malattia''. E' i datti non lasciano dubbi: ''Vari studi - conclude Conte - hanno confermato che l'attivita' sportiva unita ad una dieta sana e al controllo del peso corporeo riducono infatti del 40% il rischio generale di recidive di un tumore''.

 

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