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Dieci anni senza i nuovi Lea. Malattie rare, gravi ritardi nella diagnosi

Sanità pubblica Redazione DottNet | 06/06/2011 19:45

Promessi, annunciati e persino già messi a punto, nella realtà i livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero le prestazioni sanitarie che devono essere necessariamente garantite ai cittadini su tutto il territorio nazionale, non vengono rinnovati da 10 anni. Con gravi difficoltà per i cittadini che attendono il riconoscimento della loro malattia e il diritto alle terapie. Lo ricordano le associazioni di pazienti e cittadini che hanno deciso, per dare un segnale diverso, di festeggiarne, alla maniera di 'Alice nel Paese delle meraviglie' il 'non compleanno', dopo le tante proteste di questi anni.

 La particolare celebrazione è prevista venerdì a Riva del Garda alla prima Conferenza nazionale organizzazioni civiche per la salute, promossa dal Coordinamento nazionale malati cronici (CnAmc)-Cittadinanzattiva, Provincia autonoma di Trento e Azienda provinciale per i servizi sanitari di Trento. Conferenza, illustrata a Roma, che partirà della presentazione il X Rapporto sulle politiche della cronicità, dedicato quest'anno all'età pediatrica: 'Minori: diritti rari, costi cronici', di CnAmc-Cittadinanzattiva."Vogliamo festeggiare questo 'non compleanno' - spiega Maddalena Palagalli, presidente del Coordinamento - per sottolineare l'enorme ritardo di un provvedimento necessario, annunciato innumerevoli volte senza esito". Un ritardo "ormai inaccettabile - spiega Tonino Aceti, coordinatore CnAmc Cittadinanzattiva - in particolare per la necessità di poter disporre dei nuovi Lea nell'ottica di un federalismo fiscale, perché si possano definire i costi standard su una base più adeguata". La beffa, inoltre, è che "i nuovi Lea ci sono - aggiunge - sono chiusi nei cassetti dell'Economia. Il 'pacchetto' delle prestazioni essenziali, infatti, stava per essere varato 3 anni fa, con l'allora ministro Livia Turco, ma fu bloccato per una presunta irregolarità a livello di Corte dei Conti. Da quel punto ci sono stati migliaia di annunci di approvazione, mai realizzati".

Il risultato è che "molti cittadini - aggiunge Aceti - che soffrono di malattie croniche non ancora riconosciute, come la Bpco, attendono l'approvazione dei nuovi Lea dove vedrebbero riconosciuti i loro diritti". Il 'pacchetto' già pronto, per Aceti, "è soddisfacente - continua - anche perché prevede una maggiore integrazione socio-sanitaria, importantissima per chi ha una disabilità". Insomma, "il fatto che non siano approvati è gravissimo, perché si dimostra lo stacco impressionante che c'è tra il fare della politica e le esigenze reali dei cittadini: mentre i ministeri stanno decidendo se approvare o no, ci sono migliaia di persone che si pagano i farmaci, non hanno riconosciuta la patologia e vivono forti disagi", conclude Aceti. Una diagnosi tempestiva è spesso negata alle persone colpite da malattie rare o croniche in Italia. Come segnalano l'88% delle associazioni che hanno partecipato alla stesura del X Rapporto sulle politiche della cronicità - Minori: diritti rari, costi cronici' - che sarà presentato anch’esso alla I Conferenza Nazionale delle Organizzazioni Civiche per la salute. Il Rapporto che aprirà la Conferenza - dicono gli organizzatori anticipando solo pochi dettagli - "mostra in particolare che sulle malattie rare e croniche il Servizio sanitario nazionale non soddisfa pienamente le esigenze delle persone colpite".

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A partire proprio dalla diagnosi "nelle malattie rare i tempi di attesa arrivano anche a 3-6 anni", spiega Tonino Aceti. E "tra le cause dei tempi lunghi c'è sicuramente una scarsa formazione dei pediatri o una sottovalutazione dei sintomi, nelle patologie rare come in quelle croniche". Il Rapporto, a cui hanno partecipato 34 associazioni, quest'anno è dedicato proprio all'età pediatrica, per sottolineare che la cronicità non riguarda solo gli adulti. Se infatti secondo l'Istat, in generale, il problema riguarda il 38,6% della popolazione - con condizioni più diffuse di cronicità artrosi/artrite (17,3%), ipertensione (16,0%), malattie allergiche (9,8%), osteoporosi (7,0%), bronchite cronica e asma bronchiale (6,1%), diabete (4,9%) - per quanto riguarda i più piccoli, da 0 a 14 anni sono 'cronici' il 9% e tra i 15 e 19 anni il dato sale al di sopra del 14% con ulteriori differenze tra fasce d'età. Bambini e ragazzi che soffrono di diabete, asma, cardiopatie congenite, malattie di Crohn e le molte patologie rare. Migliorare le politiche per la cronicità, riducendo l'incidenza dei costi con la prevenzione ed un utilizzo appropriato delle risorse, spiegano gli organizzatori della Conferenza, non è importante solo per il riconoscimento dei diritti del malato ma può essere utile anche per liberare risorse economiche . "Oggi - continua Aceti - il costo dell'assistenza per il trattamento della cronicità rappresenta circa il 70% della spesa pubblica socio-sanitaria, impiegate per assistere circa il 40% della popolazione". Altro problema presente nel Rapporto, la difficoltà di accesso ai farmaci, in particolare quelli innovativi, con le differenze regionali per la dispensazione di alcuni medicinali ma anche, a livello nazionale, con la disponibilità non sempre tempestiva dei nuovi trattamenti. Un'associazione su 4 denuncia i ritardi di autorizzazione al commercio di alcune molecole. "Sono stati stimati - conclude Aceti - 400 giorni tra l'approvazione dell'agenzia europea Ema e il via libera per la rimborsabile del farmaco da parte dell'Aifa. Un tempo superiore a quello degli altri Paesi. Questo problema è particolarmente sentito dalle persone con patologie rare che possono ricorrere a poche molecole. E ciò crea, a volte, una differenza di accesso ala trattamento tra i cittadini dell'Unione".

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