Negli ultimi anni la Cassazione ha rilanciato l'importanza della parità di diritti fra i figli nati dal matrimonio e quelli nati dalla convivenza. Ha infatti detto sì all'assegno di mantenimento al figlio naturale da parte del padre, anche se la madre è autonoma e lavora; inoltre, ha riconosciuto alla madre, ancora sposata con un'altra persona, il diritto a ottenere l'assegno per il nucleo familiare.
Occorre precisare che i figli nati da relazioni sentimentali e convivenze rappresentano attualmente un quarto delle nascite totali, è quindi necessario elaborare una politica giuridica a tutela di questa grande categoria di minori esistente al di fuori del circolo di una famiglia considerata dallo Stato legittima e quindi l’unica destinataria di tutela.
Alla luce di quanto detto, la Corte di Cassazione ha sancito con la sentenza n° 8227 del 18 aprile 2011 che va ridotto l'assegno di mantenimento per i figli legittimi nel caso in cui incida a tal punto sul reddito del padre da non permettergli di mantenere con lo stesso tenore di vita i figli naturali.
La Suprema Corte, accogliendo un ricorso da parte di un padre di due figli naturali nati da una convivenza per la riduzione dell’assegno di mantenimento nei confronti della figlia legittima, ha preso coscienza delle necessità delle famiglie «allargate» e, soprattutto dei padri spesso costretti a mantenere a fatica i figli di primo e di secondo letto.
Tutto ciò viene sancito alla luce delle vigenti norme del Codice Civile che sono poste a tutela del diritto di famiglia. L'art. 261 c.c., infatti, stabilisce che il riconoscimento del figlio naturale comporta da parte del genitore l'assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi, che sono quelli previsti nell'art. 147 c.c. (obblighi di mantenere, educare ed istruire il figlio), con conseguente applicazione dell'art. 148 c.c., che specifica la misura in cui i coniugi sono tenuti ad adempiere all'obbligazione di mantenimento dei figli.
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