I farmaci generici tornano a infiammare la scena medica. A lanciare un primo 'allarme è il presidente del sindacato autonomo Angelo Testa che afferma: “In Farmacia il cittadino, così come previsto dalla legge, viene informato del fatto che può avere il "marchio" e aggiungere di tasca la differenza o prendere l'equivalente e non aggiungere niente. Con le terapie croniche nell'arco dell'anno capita quindi che lo stesso paziente ritiri una identica molecola ogni mese e non necessariamente riceva l' equivalente prodotto sempre dalla stessa azienda. Purtroppo - continua il leader dello Snami - ogni volta si rischia di ricevere una scatola di colore diverso”. “Il risultato finale è che molti pazienti (soprattutto gli anziani e/o persone meno istruite) si confondono. Ci viene segnalato di casi di coppie di anziani, entrambi sotto terapia antiipertensiva, che assumevano uno la terapia dell'altro perché nel tempo le avevano invertite per colore della confezione e grandezza della pastiglia. In altri casi ai pazienti succede di assumere due o tre volte la stessa terapia ignorando che di trattava dello stesso farmaco anche se in confezione completamente differente. Il tutto porta a gravi danni per la salute ed un cattivo controllo delle patologie, in maggior misura, quelle croniche. Come ci stiamo battendo contro lo smantellamento dell'assistenza sanitaria nel territorio - conclude Angelo Testa - così il nostro sindacato, in un'ottica di partecipazione alle problematiche dei pazienti, soprattutto con maggior attenzione ai più fragili ed indifesi, chiede alla parte pubblica di porre rimedio a questa e ad altre distorsioni del sistema. Non ultima, come accade nella Asl di Livorno ed in molte Asl di tutta Italia, il costringere i pazienti al ritiro di alcuni farmaci nelle farmacie ospedaliere. Ci sarà pure un risparmio, ma il disagio dei cittadini chi lo paga?”.
Ma c’è anche dell’altro, come emerso al convegno Aschimfarma. Dopo i farmaci «taroccati», falsi in tutto e per tutto, esplode ora anche il caso delle pillole «d’autore» contaminate. Riguarda almeno una confezione su dieci, secondo la denuncia dei produttori italiani dei principi attivi, le molecole che fanno di una pillola un farmaco. Medicinali prodotti dalla grande industria, regolarmente autorizzati dalle autorità competenti, conterrebbero principi attivi «contaminati», presi a basso costo da Paesi soprattutto asiatici, dove il massimo del controllo previsto sono le autocertificazioni di chi li smercia. «Il mercato europeo è invaso per circa il 70 per cento da principi attivi che provengono da nazioni come Cina ed India, dove gli impianti sono lontani dal controllo delle autorità europee. Non è azzardato ritenere che oltre il 10 per cento dei farmaci in vendita sia composto da sostanze contaminate o comunque non pure», avverte Gian Mario Baccalini, Presidente di Aschimfarma (Federchimica), l’associazione nazionale dei produttori di principi attivi. «Di norma - spiega - un principio attivo deve essere puro al 95 per cento, ma circolano confezioni con sostanze pure solo al 70 per cento, che hanno un rischio tossicologico elevato».
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