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In una proteina la chiave per bloccare il cancro

Oncologia Redazione DottNet | 02/11/2011 10:10

Bloccare la crescita di un tumore, interrompendo il meccanismo delle cellule che entrano nel sito del cancro e supportano il suo sviluppo e la diffusione di metastasi, e' un obiettivo possibile. Lo ha scoperto un gruppo di ricercatori canadesi. Il team ha infatti individuato sulla superficie dei macrofagi - cellule coinvolte nel meccanismo di immunita' 'innata' che vengono 'riprogrammate' dal tumore e non attaccano le cellule malate ma le aiutano ad alimentarsi - una proteina, la S100A10, che apre, letteralmente, la strada a tali cellule per entrare nelle cellule neoplastiche. Il risultato della ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Cancer Research, e' di notevole portata poiche', in sostanza, ha 'scovato' l'interruttore che accende il processo di alimentazione delle cellule malate.

I ricercatori del Dipartimento di biochimica e biologia molecolare e patologia del centro ricerche sul cancro della Dalhousie University, ad Halifax, in Canada, hanno battezzato la proteina dei macrofagi 'forbice molecolare' e con questa scoperta hanno rivoluzionato il modo di studiare un tumore: l'attenzione non va posta solo sulle cellule malate ma anche su quelle che le aiutano a crescere e a 'convertire' le cellule sane. ''Eravamo soliti pensare che le cellule che contano in un tumore sono quelle malate - afferma il coordinatore della ricerca e prima firma dello studio, David Waisman - ma ora abbiamo visto che altre cellule devono collaborare con le cellule tumorali, guidarne la crescita e consentire un'evoluzione delle cellule normali in cellule metastatiche. Questo cambiamento e' cio' che provoca la prognosi infausta e in ultima analisi, e' quello che uccide il paziente''.  La ricerca, inoltre, ha evidenziato che senza il processo di approvvigionamento, garantito dall'apporto dei macrofagi e dalla loro proteina S100A10, il tumore non cresce. ''Questa proteina agisce come un paio di forbici - aggiunge Waisman - che tagliano il tessuto-barriera creato attorno al tumore, consentendo ai macrofagi di entrare nel sito della neoplasia e combinarsi con le cellule malate''.

 Nel laboratorio canadese e' stata portata avanti una sperimentazione su topi con tumore ai polmoni ed e' stata documentata una ''drastica riduzione'' della crescita della neoplasia negli animali con deficit della proteina S100A10. Questa scoperta apre la strada per la ricerca, in primo luogo, delle funzioni di S100A10 e, successivamente, di agenti farmacologici che possano bloccare la sua azione e quella dei macrofagi, cosi' da togliere 'l'ossigeno' al tumore, fermarne la crescita e la diffusione di metastasi. Si tratta di uno studio importante, commenta il presidente del Collegio italiano primari ospedalieri di oncologia medica Roberto Labianca, tuttavia, avverte, è necessaria "prudenza e, soprattutto, non vanno date ai malati false illusioni: va infatti detto che dal momento in cui si identifica il potenziale 'bersaglio' al momento in cui si può avere la disponibilità concreta di farmaci mirati sono necessari degli anni".
La scoperta di un possibile meccanismo chiave per bloccare la crescita dei tumori a partire dal ruolo di alcune cellule del sistema immunitario rappresenta ''un grande passo avanti e una grande speranza, ma per il futuro''. Lo sottolinea il presidente del Collegio italiano dei primari ospedalieri di oncologia medica (Cipomo) Roberto Labianca, secondo il quale il nuovo studio pubblicato da un gruppo di ricerca canadese ''e' sicuramente una speranza, ma nel lungo termine, per la messa a punto di farmaci ad azione ancora piu' mirata contro il cancro''. La ricerca, pubblicata sulla rivista Cancer Research, ha sottolineato l'esperto, ''e' molti importante anche perche', ancora una volta, mette in evidenza e conferma il ruolo basilare del sistema immunitario: questo, infatti, puo' rappresentare una 'difesa' contro i tumori ma se 'deviato' in qualche modo puo', anche, diventare responsabile dello sviluppo del tumore stesso. Questo nuovo studio, dunque, conferma la forte correlazione, sia in positivo che in negativo, esistente tra il sistema immunitario dell'uomo e lo sviluppo delle neoplasie; un campo - aggiunge Labianca - che richiede ulteriori studi di approfondimento''. Ma la ricerca canadese e' importante anche perche', prosegue l'oncologo, ''individua dove sia l'alterazione che favorisce la crescita dei tumori, ovvero il ruolo delle cellule macrofagi, e questo rappresenta la base di partenza per la futura messa a punto di farmaci mirati appunto a bloccare il meccanismo che favorisce il proliferare delle cellule tumorali''. Tuttavia, avverte lo specialista, e' necessaria ''molta prudenza e, soprattutto, non vanno date ai malati false illusioni: va infatti detto che - afferma Labianca - dal momento in cui si identifica il potenziale 'bersaglio' al momento in cui si puo' avere la disponibilita' concreta di farmaci mirati sono necessari degli anni''. Dunque, conclude, ''questo studio e' senza dubbio un importante passo avanti nella conoscenza dei tumori, ma da qui ad avere effetti e ricadute concrete in termini di terapie ci vorra' ancora del tempo. E', quindi, una grande speranza, ma per il futuro''.

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