Giovani Medici Italiani a rischio occupazione: iter formativo troppo lungo e blocco del turn-over le cause principali. E a tutto ciò si aggiungono i rischi di un futuro previdenziale in bilico. A tal proposito, è possibile consultare e scaricare la guida per (clicca qui) “imparare a costruire il futuro pensionistico” curato dal Sigm, il segretariato dei giovani medici. E’ comunque un manuale che può essere utile a tutti, anche coloro che una copertura contributiva già hanno per il comodo glossario e per una serie di chiarimenti sulla materia.
Tornando ai giovani, l’iscrizione alle Scuole di Specializzazione ed al corso di formazione specifica in Medicina Generale sono molto spesso l’anticamera del precariato. Nonostante questo la maggior parte dei giovani camici bianchi vuole fermamente rimanere a lavorare in Italia, solo il 13% sta valutando l’ipotesi di emigrare all’estero. Più che buona nel complesso, infatti, la soddisfazione da parte dei giovani medici sull’efficienza del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). Modello pubblico e misto le ricette preferite dai giovani per ridisegnarlo a misura di professionista e cittadino. Questo il quadro tracciato dall’analisi dei dati emersi dalla prima Survey sulla Condizione Occupazionale dei Giovani Medici Italiani, realizzata dal Segretariato Italiano Giovani Medici (S.I.G.M.). Solo il 35,4% dei medici riesce a essere inquadrato con un contratto a tempo indeterminato entro i 45 anni, mentre rimane occupato in lavori atipici - a termine, Co.co.co. o collaborazioni occasionali che nella maggior parte dei casi durano dai sei ai dodici mesi - il 28,2%. Con una retribuzione che è in media intorno a 1.460 euro, contro i 2.243 euro netti di chi è in regola. E il nuovo ministro della salute Balduzzi dovrà pensare anche alle future leve della professione, oltre ai programmi già avviati dal precedente Governo come il patto della Salute 2012, ticket, nuovi livelli essenziali di assistenza, e riassetto della medicina territoriale.
Italia e Europa a confronto: la disoccupazione e l’invecchiamento dei medici
L’Italia è il paese europeo con il maggior tasso di disoccupazione/ sottoccupazione medica (circa 85000 medici (il 26,46% del totale); seguono il Belgio (9,86%), la Finlandia (3,67%) e la Germania (2,75%), con percentuali comunque molto inferiori. In Francia la disoccupazione medica è poco più dello 0,5%, mentre è praticamente assente in molti paesi europei (UK, Olanda, Norvegia, Irlanda, Spagna, Grecia). Confrontando i dati OCSE del 2002, relativi al personale medico abilitato, con quelli del 2003, relativi al personale medico realmente occupato, si evidenzia in maniera ancor più marcata la percentuale di operatori medici disoccupati o sottoccupati, che sono attorno al 30%. Il mondo professionale medico risulta essere un settore in cui l’età media è particolarmente elevata, sia per le difficoltà, se non per il blocco, di assunzioni dei giovani medici nel Sistema Sanitario Nazionale (SSN), sia per la generale tendenza a proseguire l’attività oltre i termini di età previsti dalla legge. Il confronto con l’organico medico ospedaliero di altri sistemi sanitari europei, che garantiscono un corretto ricambio generazionale, sottolinea la drammatica tendenza all’invecchiamento nel nostro sistema. Ad esempio nel National Health Sistem del Regno Unito lo staff medico ospedaliero ha una numero di giovani assistenti (junior grades) pari a circa 1/3 dell’organico. L’attesa media di occupazione per uno studente italiano che si iscriva al I° anno di Medicina è di circa 15- 16 anni, con una tendenza ad un ulteriore allungamento dei tempi. Un medico italiano è in genere assunto dal SSN ad un’età in cui un medico inglese diventa “consultant”, ovvero cessa il rapporto come dipendente, per diventare una forma di consulente e libero professionista. La “soluzione” dell’eccedenza italiana sarà presumibilmente fisiologica con l’uscita dal sistema, fra 10-15 anni, dei soggetti di età compresa fra 50-55 anni. Il fenomeno potrebbe avere tuttavia una ricaduta negativa sull’efficienza del sistema (oltre che sulla sostenibilità dei costi previdenziali). Alla luce del quadro normativo dei primi anni novanta (Decreto Legislativo 29/93 e successive modifiche) è stato riformato il lavoro nel pubblico impiego col passaggio da un rapporto di lavoro di tipo “pubblicistico” ad uno “privatistico” regolato dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL). Questo cambiamento è stato dettato dalla necessità di responsabilizzare soprattutto le categorie dirigenziali e quindi anche i medici alla gestione dell’attività e degli obiettivi aziendali. Di fatto questo cambiamento giuridico del rapporto di lavoro, che poteva orientare lo stipendio dei medici sul merito attraverso sistemi premianti reali, ha nell’attuazione del CCNL riproposto il vecchio modello di garanzia, con sistemi debolmente incentivanti legati a logiche formali dell’attività (es. esclusività di rapporto con il SSN): in sintesi, stipendi medio/bassi distribuiti a pioggia indipendentemente dalla qualità dell’attività professionale svolta.
Gli stipendi della categoria medica a confronto
Nel 1996 in Italia uno stipendio medio per i medici ospedalieri (72,5 milioni di vecchie £.) risultava inferiore rispetto ad altri Paesi a parità di potere di acquisto (Germania 245,6, Olanda 151,5, Francia 97,10 milioni di vecchie £); confrontando poi lo stipendio dei medici ospedalieri italiani del 1970 con il 1999 si evidenzia come l’incremento stipendiale netto di 9,86 volte non riesce a colmare la differenza con l’aumento di 12,28 volte del costo della vita secondo l’ISTAT . Infine, esistono forti diversità fra i paesi europei in merito al tipo di contratto, all’orario di lavoro settimanale, ai criteri di selezione ed all’esercizio della libera professione. A tipologie di contratto tipiche del pubblico impiego si affiancano tipologie di contratto privato normale/speciale (Austria, Francia, Germania, Regno Unito, Olanda, Svezia). I criteri di selezione ed il soggetto che conferisce gli incarichi sono diversi; in alcuni paesi i medici sono assunti per chiamata diretta sulla base del curriculum professionale con contratti gestiti a livello dipartimentale.
Se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto alla pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere collocato a riposo
Quando ad essere accentrati sono periodi contributivi particolarmente lunghi, il costo può diventare importante e divenire un deterrente spesso insuperabile
L’integrazione, in Enpam, è curata dal Servizio Trattamento Giuridico e Fiscale delle Prestazioni, dell’Area della Previdenza.
Il cedolino è già disponibile, mentre i pagamenti partiranno a inizio mese
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