Un gruppo di ricercatori italiani è riuscito a scoprire il meccanismo genetico con il quale il tumore della prostata diventa aggressivo e resistente alle terapie e a comprendere come e' possibile tentare di curare la malattia con tecniche di biologia molecolare distruggendo le cellule neoplastiche.
Lo studio, coordinato dall'Istituto Superiore di Sanità e coordinato da Ruggero De Maria è stato pubblicato sulla rivista inglese Nature. Secondo il presidente dell'Iss Enrico Garaci ''grazie a questa ricerca siamo molto vicini ad una terapia contro gli stadi avanzati del cancro alla prostata''. La ricerca, condotta in collaborazione con l'equipe del professor Giovanni Muto, primario di Urologia dell'Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e con l'Istituto Oncologico del Mediterraneo di Catania, e' stata finanziata grazie ai fondi dell'accordo Italia-Usa e dall'Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Analizzando il tessuto tumorale di 40 pazienti i ricercatori hanno compreso che l'aggressività del carcinoma prostatico è causata dalla perdita di un frammento di DNA del cromosoma 13 che contiene due piccoli geni, chiamati microRNA-15a e microRNA -16, i quali agiscono bloccando la progressione maligna del tumore.
Sono un antiepilettico e un farmaco per il colesterolo che insieme sono in grado di modificare la biologia del tumore e potenziare l'effetto della chemioterapia
Dal melanoma al seno. Da studiare il fenomeno della resistenza in certi pazienti
Ricercatori di IEO e dell’Università degli Studi di Milano scoprono come farmaci già in uso possono essere potenzialmente efficaci contro tumori con una diffusa anomalia genetica
I nuovi dati dello studio MARIPOSA, presentati alla World Conference on Lung Cancer 2024, hanno confermato una superiorità clinica a lungo termine della terapia amivantamab più lazertinib rispetto alla monoterapia con osimertinib
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