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La Cgil presenta una controproposta sulla medicina H24: centri aperti con medico di fiducia e infermieri e abolizione della guardia medica. La replica di Balduzzi

Sindacato Redazione DottNet | 20/09/2012 19:36

Centri socio-sanitari nei distretti aperti h24 sette giorni su sette, in grado di gestire anche i codici bianchi e verdi grazie alla presenza anche di infermieri e tecnici, accanto alla figura unica del 'medico di fiducia delle cure primarie', abolendo e assorbendo la figura della guardia medica (12.000 in Italia). E' quanto prevede la proposta di riforma per le cure primarie avanzata dalla Cgil, che ha chiesto di essere inclusa nel ciclo di audizioni in programma dalla prossima settimana alla Camera, nell'iter di conversione del decreto Balduzzi.

 La proposta della Cgil prevede inoltre l'obbligo per medici di famiglia e pediatri di libera scelta di associarsi e di presenziare a turno nei centri h24 (con massimale di assistiti che passa da 1.500 a 1.000), inoltre tempi certi per la riforma da completare entro il nuovo Patto per la Salute e che va sancita con un'intesa Stato-Regioni da chiudere entro il 2012. La riforma come scritta dal governo, spiega il responsabile delle politiche sanitarie della Cgil, Stefano Cecconi, ''e' lasciata nel vago, senza tempi certi prevede un disimpegno del Ssn nelle cure primarie, visto che si basa sull'idea di 'esternalizzarle', in una logica di budget e di appalto che va cassata. Invece sono i medici di medicina generale che devono inserirsi nella programmazione pubblica del Servizio sanitario, che decide come organizzare, mentre la convenzione deve essere lo strumento attuativo di queste decisioni''. Ci deve essere, insomma, ''una regia fortissima del decisore pubblico per evitare il caos''. La proposta del sindacato di Corso d'Italia muove dalle esperienze che gia' si stanno sperimentando in diverse Regioni (dall'Emilia-Romagna, al Veneto, passando per Toscana, Liguria e Umbria per fare alcuni esempi) e prevede che il nuovo medico delle cure primarie a turno lavori nei centri h24 e di giorno in studio, ''superando la distinzione delle tre figure di medici: di Medicina Generale, della continuita' assistenziale-Guardie mediche, della medicina dei servizi''. Il tutto ''salvaguardando i diritti qcquisiti degli attuali medici di medicina generale, con la possibilita' di svolgere attivita' territoriali che compensino la riduzione del reddito'' e ''valorizzando'' tutti i nuovi medici che accederanno alla convenzione. La riforma pensata dalla Cgil ''costa comunque meno di quanto costerebbe il decreto Balduzzi cosi' com'e' '' e punta sulla riconversione dei piccoli ospedali (prevista la loro chiusura tra l'altro dalla spending review) e sull'uso di sedi distrettuali, Case della salute e poliambulatori per i centri h24, che dovranno avere dotazioni per la diagnostica di base, ambulatori infermieristici per assistere i pazienti cronici e collegati agli altri presidi sul territorio (come Sert e centri di salute mentale).

 

Riforma cure primarie. ''Chiediamo un confronto con le commissioni parlamentari, che il sindacato sia tra gli auditi, e ribadiamo la nostra richiesta di incontro al ministro della Salute e alla Conferenza delle Regioni'' sulla riforma delle cure primarie prevista dal decreto Balduzzi in via di conversione alla Camera. Lo afferma Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil, nel corso della conferenza stampa per presentare la proposta del sindacato per una ''vera riorganizzazione della medicina territoriale'' che ''rafforzi il servizio pubblico e non appalti ai medici di medicina generale la gestione delle cure primarie''. La riforma dell'assistenza sul territorio, spiega, ''e' la chiave di volta per riorganizzare davvero il sistema e fare una vera operazione di spending review''. Mentre quella del governo, insieme alle precedenti manovre ''con tagli di 22 miliardi in 4 anni rischia di avere nel 2013 un effetto terremoto sul servizio sanitario nazionale che rischiera' davvero di andare verso la riduzione dei servizi e delle prestazioni'' compromettendo ''la tenuta dei livelli essenziali di assistenza''. La proposta della Cgil, che punta su centri h24 in ogni distretto, sulla creazione della figura unica del 'medico delle cure primarie', abolendo la guardia medica, ''e' ambiziosa ma concretamente realizzabile oggi e non domani, in un tempo indeterminato e senza obblighi'' come prevede adesso il decreto''.

La replica di Balduzzi. Trovare un accordo, o meglio una forte alleanza con le Regioni, anche se solo su alcuni punti, sperando che il lavoro parlamentare delle commissioni confermi il filo conduttore del provvedimento. E' questo l'auspicio del ministro della Salute, Renato Balduzzi, che promette in ogni caso che sarà il primo a convenire su eventuali miglioramenti o sull'accentuazione di profili normativi che potrebbero risultare piu' in ombra nel testo varato dal Governo. Il ministro prova a fare il punto sul cosiddetto decretone sanitario all'indomani dell'inizio dei lavori parlamentari che dovranno convertire in legge il provvedimento uscito da palazzo Chigi. "L'urgenza del decreto - spiega in proposito Balduzzi - nasce dalla necessità di riempire lo spazio creato dalla spending review, e di costruire un percorso parallelo di interventi soprattutto sul piano dell'assistenza primaria, proprio per compensare gli interventi di razionalizzazione della rete ospedaliera". E in merito alla tanto discussa riforma delle cure primarie, il ministro ci tiene a precisare che "si trattava di portare a conseguenza ciò  che era già  scritto, anche se in modo non così chiaro come abbiamo fatto oggi con il decreto, e che la novità principale del provvedimento è senza dubbio la previsione del ruolo unico per la medicina generale che dà stessa dignità e percorso ai medici di famiglia e alla guardia medica". Riguardo infine alle modifiche relative all'intramoenia, Balduzzi ribadisce che le norme messe a punto rappresentano "un'intramoenia possibile, e che il decreto non prevede nessuna sanatoria dell'allargata" ma, al contrario, "un percorso molto serio di sperimentazione della piena messa in rete degli studi privati dei medici intramoenisti".
 

Il ruolo degli infermieri. Rivedere il rapporto tra medici e professioni sanitarie, a partire dal ruolo degli infermieri, attraverso un nuovo patto che ridisegni un nuovo modello di organizzazione del lavoro. E' questo il messaggio che arriva dalla libera Universita' Luspio, dove si e' svolto un convegno sulle ''Professioni sanitarie del futuro'', promosso dall'ateneo romano. Nel nostro Paese i professionisti sanitari cosiddetti 'non medici' sono circa 600 mila, e delle 22 professioni sanitarie esistenti solo 5 hanno un loro albo professionale. ''Si tratta di un vero esercito di professionisti, laureati e con un serio di percorso di formazione, che bisognerebbe cercare di valorizzare, magari introducendo specifici percorsi formativi e istituendo master specialistici'', ha spiegato Francesco Saverio Proia, dirigente della Direzione generale delle Professioni sanitarie del ministero della Salute. E proprio per cercare di individuare prospettive future e percorsi comuni il ministero sta lavorando da alcuni mesi a un tavolo tecnico con le Regioni allo scopo di delineare le nuove competenze di tutte le professioni sanitarie. In quest'ottica, ha aggiunto Proia, bisognera' ''ripensare al modello di riorganizzazione del lavoro, sollevando il medico da alcune funzioni (stando pero' attenti a non levargli le competenze) e implementando le competenze delle professioni sanitarie''. In 12 anni, dal 1994, ''e' stato fatto un percorso di sviluppo oggettivo - ha commentato Antonio Bortone, presidente del coordinamento nazionale associazioni professioni sanitarie - ma dal 2006 abbiamo vissuto 6 anni di immobilismo. Per questo siamo molto preoccupati che si parli di noi sempre declinando al futuro questioni che invece andrebbero affrontate oggi''.

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