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Sedazione terminale, per medici e bioeticisti non è eutanasia

Professione Redazione DottNet | 17/02/2013 11:00

La sedazione terminale consiste nel dare sollievo alla sofferenza e al dolore: un valore nobilissimo, gia' consentito dal punto di vista etico, diverso dall'eutanasia. Questa l'opinione dei medici e bioeticisti italiani, secondo cui il documento dei medici francesi e' l'affermazione di un principio ben noto e presente nella classe medica. Come chiarisce il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo), Amedeo Bianco, il fine della sedazione terminale ''non e' provocare la morte ma controllare il dolore e la sofferenza. In questo processo e' noto che, come effetto secondario, ci possa essere l'accelerazione della morte''.

Si tratta di scelte ''dure e difficili - continua Bianco - basate sulla volonta' espressa dal paziente. Forse i medici francesi hanno sentito il bisogno di puntualizzare il principio della sedazione terminale, perche' spesso succede che venga equivocato con l'eutanasia. Le letture sono infatti molteplici, e alcune sono molto restrittive''. Concordi anche i bioeticisti, come Demetrio Neri, professore di Bioetica all'universita' di Messina, secondo cui per la Francia ''e' eccessivo parlare di apertura all'eutanasia.

Si tratta di un parere autorevole che legittima quello che gia' avviene in molti Paesi, Italia compresa. Evidenzia l'idea che non si puo' piu' rispondere ai problemi generati dalle nuove tecnologie mediche, con la sopravvivenza prolungata, arroccandosi su divieti non piu' accettati da tutti''. Con la sedazione terminale il personale sanitario ''non pratica un intervento diretto e mirato alla morte del paziente. Diciamo che puo' essere inquadrata come una forma di eutanasia passiva''.

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 Anche secondo il vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica (Cnb) Lorenzo D'Avack, quella francese e' ''una decisione assolutamente comprensibile e accettabile eticamente, soprattutto se il paziente perfettamente capace di intendere e volere ha manifestato ripetutamente l'intenzione di non voler proseguire la propria vita in uno stato di assoluta sofferenza''. Tra l'altro, rileva D'Avack, ''questo tipo di procedura gia' avviene nei nostri ospedali per i malati terminali sottoposti a terapie antidolore che hanno al contempo l'effetto di accorciare la vita del paziente terminale attraverso sedazione profonda''. Tuttavia, anche se in Italia il codice deontologico medico gia' da tempo prevede questa possibilita', ''che e' accettata dalla classe medica - aggiunge Neri - e' pur vero che le cure palliative sono applicate a macchia di leopardo e i medici all'universita' ricevono pochissima preparazione su questo''.

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