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Assogenerici: assurdo il payback. Scaccabarozzi, sostenere il settore

Aziende Redazione DottNet | 29/07/2013 16:49

Il payback, la tassa che le aziende farmaceutiche devono pagare alle Regioni sui farmaci venduti, è ''assurda e difficilmente sostenibile ''. Lo ha affermato, durante un'audizione alle Commissioni riunite Bilancio e Affari sociali, il direttore generale di Assogenerici Michele Uda.

 ''Questa tassa dell'1,83% sul fatturato è iniqua - ha sottolineato Uda -. Se non si riesce ad abolire, sarebbe meglio almeno prevedere la compensazione da parte delle Regioni tra questa e i pagamenti ''.  L'associazione di produttori di generici ha anche chiesto uno snellimento della burocrazia legata all'approvazione dei farmaci ma anche alla loro produzione, con i tempi per aprire nuovi stabilimenti o nuove linee produttive molto superiori agli altri paesi.  D'accordo sulla necessità di diminuire la burocrazia anche Antonio Tosco di Assobiotec, l'associazione delle aziende biotecnologiche, che ha sottolineato come il payback sia spesso versato dalle aziende prima di ricevere i pagamenti. ''Siamo in ritardo nel portare il prodotto ai pazienti - ha spiegato - ma anche le sperimentazioni risentono della troppa burocrazia, con l'effetto che negli ultimi tre anni l'attività degli studi clinici è diminuita del 25%''.

L’appello delle associazioni.Quello del farmaco, con la sua dote di innovazione e ricerca, è uno dei settori di punta del nostro Paese. Un settore che funziona e che rappresenta un’eccellenza. Eppure, nonostante ciò, non viene agevolato dallo Stato che anzi tra burocrazia, vincoli economici, tassazione e mancanza di regole certe, crea crescenti difficoltà al settore, sostengono in coro Farmindustria, Assogenerici e Assobiotec-Federchimica. In particolare Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria, ha riferito che Farmindutria ha più di “200 associati su tutto il territorio, 174 fabbriche, e impieghiamo 63500 addetti di cui circa 6000 in ricerca e sviluppo e produciamo per un valore di circa 26miliardi di euro, di cui il 67% destinato all’export che è in crescita”. Gli investimenti in ricerca sono pari a 2miliardi e mezzo, di cui il 50% in ricerca diretta, l’altro 50% in sistemi innovativi. “Siamo secondi solo alla Germania per presenza industriale e primi in Europa per la produttività per addetto”. Negli ultimi 20 anni grazie alla ricerca ogni 4 mesi di vita ne abbiamo guadagnato uno, in più oltre il 90% della ricerca in Italia è finanziata dal privato”. Nonostante il farmaceutico sia un settore che “investe, innova ed è competitivo. Abbiamo – ha aggiunto Scaccabarozzi – però problemi con i tempi di accesso all’innovazione che sono oltre due anni rispetto alla media europea e questo significa che quando l’Aifa approva un farmaco i cittadini lo hanno a disposizione due anni e mezzo dopo a causa dei tempi negoziazione prezzo con l’Agenzia, e poi “grazia al fatto che siamo uno stato federale” ci sono ventuno sistemi sanitari regionali con elativi prontuari regioni “e di conseguenza una volta che il farmaco è stato approvato e il prezzo negoziato con l’Aifa sono necessarie 21 procedure diverse” affinché ogni regione lo metta a disposizione del proprio prontuario con tempi diversi, “mediamente 305 giorni”.

Rispetto agli altri paesi europei di riferimento Francia, Germania, Inghilterra e Spagna se vediamo i farmaci nuovi lanciati “abbiamo un 24% di presenza in meno nei mercati di questi paesi” e se andiamo a vedere quanti di questi farmaci sono stati lanciati, l’Italia ne ha immessi 14 contro numeri superiori da parte degli altri Paesi. I prezzi medi dei farmaci in Italia, ha ricardato il presidente di Farmindustria, sono più bassi grazie alla negoziazione con l’Aifa che impedisce il prezzo libero. In più il nostro è il Paese con più condizioni limitanti l’accesso.  Quattro proposte vista la situazione del mercato: “abbiamo subito oltre 40 manovre in dieci anni che hanno limitato la spesa quindi chiediamo un periodo di stabilità e di certezza delle regole che non possono cambiare ogni due mesi costringendoci di continuo a rivedere i piani industriali. Ci rendiamo conto delle difficoltà dello Stato chiediamo innanzitutto una cabina di regia che non veda solo il ministero della Salute, ma anche il ministero dello Sviluppo Economico e il ministero del Lavoro” questo perché un risparmio sulla spesa sanitaria può portare ad una riduzione degli investimenti con conseguenze anche per l’occupazione”. Seconda proposta di Farmindustria è “l’ottimizzazione della spesa sanitaria nel suo insieme. Nel nostro settore c’è una governance assoluta per cui ad inizio anno si sa quanto andrà a spendere nell’anno in corso grazie alla fissazione del tetto di spesa farmaceutica, sulla spesa sanitaria, 11,35%, Quando si sfora le aziende sono chiamate a ripianare l’eccedenza di spesa. Questo è l’unico settore che ha questo vincolo. Il nostro è il settore che viene più penalizzato, pur rappresentando il 14% della spesa sanitaria, mettendo insieme territoriale e ospedaliera, abbiamo assorbito oltre il 30% delle manovre. E mentre la spesa sanitaria, ad esempio in beni e servizi, è in crescita, quella farmaceutica è da qualche anno in contrazione con spesa pro-capite più bassa rispetto alla media Ue. Chiediamo quindi un intervento nella governance globale come è stato fatto in questi anni nel nostro settore. Chiediamo che a livello regionale la spesa farmaceutica, che è unica, che è standard essendo negoziata con l’Aifa, che sia riportata un prezzo unico nazionale. Infine la sostenibilità “Chiediamo di considerare anche la possibilità dei fondi integrativi” in questo modo si potrebbe “indirizzare meglio la spesa privata” si aiuterebbe lo Stato a sostenere la spesa che è in crescita con una situazione demografica preoccupante e una situazione di Pil altrettanto preoccupante.

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Infine la burocrazia. Troppa, impedisce di lavorare al punto che un “imprenditore che dovesse decidere di avviare una linea produttiva in questo settore probabilmente lo farebbe in un altro Paese”. Innovazione è il nostro motore, ha spiegato Antonio Tosco, rappresentante di Assobiotec-Federchimica. “Innovazione come punto di crescita perché nei farmaci biologici l’innovazione significa ricerca. Dall’idea di un farmaco alla sua immissione nel mercato ci voglio circa 10/11 anni”. Gli addetti del settore “sono molto giovani e qualificati, e le spese per la ricerca e lo sviluppo sono il 45% settore”. Che quindi si presenta come altamente innovativo. “Assobiotech – ha ricordato Tosco – rappresenta tutto il viaggio del farmaco: quello che va dalla sperimentazione, fino all’ultimo passaggio che è la commercializzazione”. “Le cifre impiegate poi nella ricerca sono imponenti legate agli studi clinici. Per sostenere l’innovazione abbiamo bisogno di regole certe che ci consentano di lavorare nel medio e lungo temine, e di un po’ meno di burocrazia. Stiamo perdendo terreno nella attività cliniche, negli ultimi tre anni le attività cliniche sono diminuite di circa il 25%”. Ultimo aspetto importate per Tosco è quello dell’accesso. “Siamo in ritardo rispetto agli altri paesi Ue per portare un prodotto ai nostri pazienti. quando poi ci riusciamo, chiudendo tutte le trattative con Aifa, ricominciamo da zero perché gli stessi dossier di rimborsabilità devono essere sottoposti alle 21 regioni”. I tempi dei pagamenti continuano ad essere “un problema ci sono dei casi in cui ridiamo indietro i soldi prima ancora di averli ricevuti”. 

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Fonte: Assogenerici, farmindustria, qs

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