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Groupon batte Fnomceo: l'Ordine sanzionato per 831mila euro

Professione Redazione DottNet | 28/09/2014 17:53

Più di 800mila euro di multa (per l'esattezza 831mila euro): è quanto dovrà pagare la Fnomceo al termine dell'istruttoria avviata dall'antitrust dopo una denuncia di Groupon e di alcuni medici e odontoiatri.

 

Tutto comincia un anno fa a causa delle denunce di un gruppo di medici e di dentisti dopo aver subito sanzioni disciplinari da parte di singoli Ordini dei medici e degli odontoiatri per aver violato le norme deontologiche facendosi pubblicità. A questi si è aggiunta anche Groupon finita nel mirino dei camici bianchi per aver pubblicizzato tariffe troppo basse da parte per visite mediche e trattamenti odontoiatrici. L'articolo contestato è il 56 del Codice deontologico (sulla pubblicità dell'informazione sanitaria, appunto) che è “un'applicazione fortemente restrittiva che ne deriverebbe della nozione di "decoro professionale".

 

Nel dettaglio il Codice deontologico prevede

 

l'assoluto divieto di pubblicità promozionale, utilizzato, secondo alcune denunce arrivate, per contestare l'utilizzo di specifici mezzi di diffusione o messaggi incentrati sulla particolare convenienza economica delle prestazioni; il divieto di pubblicità comparativa; limitazioni relative ai messaggi pubblicitari contenenti le tariffe; la verifica preventiva da parte degli Ordini della conformità alle norme deontologiche dei messaggi pubblicitari che intendono diffondere.

 

Invece, secondo l'Antitrust, queste disposizioni “limitano ingiustificatamente l’utilizzo dello strumento pubblicitario da parte degli iscritti agli Albi professionali”. In base alla sentenza “l’applicabilità ai servizi professionali della regole della concorrenza prescinde dalla tipologia della professione considerata e dal grado di rilevanza dell’interesse pubblico connesso all’esercizio della stessa” inoltre, precisa l’Antitrust “ i medici e gli odontoiatri, in quanto prestano stabilmente a titolo oneroso e in forma indipendente i propri servizi professionali, svolgono attività economica e possono essere quindi qualificati come imprese, ai sensi della normativa comunitaria a tutela della concorrenza, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da essa forniti e la circostanza che l’esercizio della loro professione è regolamentato siano tali da modificare questa conclusione”. Per il garante il medico è “un’impresa perché la professione che svolge costituisce un’attività economica. Per queste ragioni non si può disincentivare il ricorso all’attività promozionale da parte degli iscritti”.  Ma non è tutto: l'Antitrust mette in rilievo “il contesto normativo di forte liberalizzazione dei servizi professionali che esclude il comportamento anticoncorrenziale messo in campo da Fnomceo”.

 

La risposta della Fnomceo, che ha ora 60 giorni per essere ascoltata dall'Authority con il procedimento che dovrà conlcudersi entro il 30 settembre 2014, non si è fatta attendere:

 

L'Ordine è stato sanzionato per “aver posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza, ai sensi dell’articolo 101 del TFUE, consistente nell’adozione e diffusione del Codice di deontologia medica 2006 e delle Linee Guida”, definendo la sanzione amministrativa in “ottocentotrentunmilaottocentosedici euro”, richiedendole di assumere misure atte a porre termine all’illecito riscontrato”, e di darne comunicazione entro il 31 gennaio 2015.

Il Comitato Centrale della FNOMCeO, riunito a Piacenza, ha deciso in ogni caso di resistere presso le sedi giurisdizionali contro la sentenza. In queste sedi, “la Federazione riproporrà i profili giuridici delle questioni già rappresentate, che poco o nulla hanno rilevato nel procedimento istruttorio e nell’esile confronto delle parti che ha preceduto la sanzione, pressoché annunciata”, evidenzia un comunicato dell'Ordine.. “Vogliamo sin da subito ribadire, nel pieno rispetto dei ruoli istituzionali di ognuno e di tutti, che mai abbiamo inteso emanare un Codice contra legem, ma neppure accetteremo che siano altri a scrivere il nostro Codice”, si legge in una nota. “Al di là dello stretto merito giuridico, questa vicenda esalta una questione fondamentale: e cioè la libertà e l’indipendenza della Deontologia professionale, che trova il suo caposaldo etico e civile nella tutela dei Diritti dei cittadini – in questo caso la Tutela della Salute – definiti fondamentali dalla nostra Costituzione. E ciò in un contesto di Diritto comunitario che non distingue, all’interno del Mercato, le tipologie e le specificità dei diversi servizi”, continua il documento della Fnomceo. 

Crediamo invece che tale questione vada posta, non certo per difendere interessi corporativi, ma per meglio tutelare i Diritti dei cittadini, soprattutto laddove insistono asimmetrie informative fondanti scelte consapevoli – aggiunge la nota -. Non siamo ostili alla pubblicità sanitaria e alle positive ricadute nel migliorare l’offerta di servizi e la libertà di scelta. Vogliamo però, nello spirito e nella lettera del nostro mandato istituzionale, contrastare fenomeni e abusi di un’attività informativa e comunicativa che, come scritto nel nostro Codice 2014, sia “accessibile, trasparente, rigorosa e prudente” (art. 55), “veritiera, obiettiva, pertinente e funzionale all’oggetto dell’informazione, mai equivoca, ingannevole e denigratoria” (Art. 56).

 

Ed è per questo che “non sono consentite forme di pubblicità comparativa sulle prestazioni” (art. 56) né “forme di pubblicità promozionale finalizzate a consentire la commercializzazione di prodotti sanitari (art. 57). Tutto questo a noi pare essere un punto di equilibrio alto tra i contenuti del Diritto comunitario e quel ruolo di verifica e di vigilanza che la Legge ci attribuisce e che noi esercitiamo attraverso la Deontologia - conclude la Fnocemo -. Difendendo la nostra Deontologia, intendiamo difendere il diritto dei cittadini ad un sistema dei Cure accessibile, trasparente, efficace e sicuro”

 

 

fonte: fnomceo, sole24ore, Antitrust

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