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Bioterrorismo con l’Ebola

Infettivologia Alida Molina | 13/11/2014 10:02

La possibilità che una bassa dose infettante possa provocare alti tassi di morbilità e letalità, fanno dei filo virus potenziali armi biologiche.

Il notevole impatto in termini di panico nella popolazione, la mancanza di disponibilità di vaccini efficaci, la facilità di produzione in notevole quantità, non aiutano ad abbassare l’allerta.

Ebola è incluso nella categoria A (high priority), che potrebbe essere anche modificato, al fine di aumentarne il potere distruttivo, la virulenza e la diffusione nell’ambiente attraverso l’aria, l’acqua, il cibo o le bevande.

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In caso di attacco bio terroristico, le prime risposte devono arrivare dalla polizia, dai vigili del fuoco, e dal personale medico nella vicinanze. Coinvolgendo anche esperti microbiologi, per i rilevamenti e i campionamenti, per avere risposte precise in breve tempo. Dal punto di vista del pericolo si  può stare tranquilli: è molto difficile che provochi una pandemia mondiale.

Bisogna inoltre sottolineare che realizzare una fornitura massiccia è uno sforzo molto costoso, e poi i virus sono molto difficili da manipolare e controllare. I precedenti storici sono falliti.

Aum Shinrikyo un terrorista che aveva raccolto campioni del virus aveva capito che sarebbe stato molto difficile uccidere un gran numero di persone in un paese con una robusta infrastruttura sanitaria: una volta identificati e messi in isolamento i pazienti, l’ebola  non si sarebbe di fatto diffusa. Anche la vaporizzazione di grandi quantità inserite in piccole bombe è una eventualità remota: il virus dovrebbe colpire il volto o le ferite.

Il reclutamento di persone per missioni suicide è un piano che prevede l’inoculazione del virus in pochi volontari che devono lasciare l’Africa in periodo d’incubazione, qualora riuscissero a contaminare centinaia di persone sarebbero solo quelle che avrebbero avuto contatti coi liquidi biologici del terrorista.

Possibile ma altamente improbabile. In ogni caso si può affermare che dell’ebola fa più paura la considerazione di un’arma biologica che non il virus in sé.

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