Per la Corte, la tenuta "difettosa" della cartella clinica vale come prova contraria nel caso in cui al paziente sorgano delle complicanze
La difettosa tenuta della cartella clinica è un problema per il medico nel caso in cui al paziente siano insorte delle complicanze proprio in funzione di questa negligenza. Questo il succo della decisione presa dalla Corte di cassazione con la sentenza 22639/2016 depositata l’8 novembre.
A contare è il «principio di vicinanza della prova» perché non si può escludere il nesso fra la condotta del medico e la complicazioni patite dall'ammalato, finendo per far gravare sul paziente le conseguenze della lacunosa compilazione del documento.
Nella vicenda decisa dagli ermellini, un paziente aveva subito due operazioni chirurgiche dannose e aveva trascinato in causa chirurgo, Asl e relative compagnie assicuratrici per il risarcimento dei danni subiti imputabili a suo dire ad errore professionale.
I giudici di merito respingevano le doglianze, ignorando la perizia di parte e ritenendo che non fosse stata fornita la prova del nesso causale per il primo intervento (poi logicamente ricaduto sul secondo) e sostenendo che le complicanze subite dall'ammalato derivavano "da un evento iatrogeno (ossia provocato da una terapia o derivante dalla stessa come conseguenza, ndr) non meglio precisabile considerata la scarsa, superficiale e non completa compilazione della cartella clinica".
Ma è proprio questa negligenza, che la corte territoriale ha fatto gravare erroneamente sul paziente, a risultare decisiva. Tale impostazione, ha ricordato infatti la Cassazione, "non corrisponde al consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte, che nell'incompletezza della cartella clinica – che è obbligo del sanitario tenere invece in modo adeguato – rinviene proprio, in considerazione anche del principio della prossimità della prova, il presupposto perché scatti la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato".
Un'omissione che in sostanza non può che essere imputabile al medico e che non esclude il nesso eziologico tra la condotta del sanitario e le conseguenze pregiudizievoli per il paziente.
La corte territoriale invece ha pienamente invertito il contenuto dell'insegnamento della giurisprudenza di legittimità, hanno concluso gli Ermellini, per cui la sentenza è senz'altro cassata. La parola passa al giudice del rinvio.
Fonte: Cataldi, sole24ore
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