Il tribunale Milano condanna la Lombardia e il Mangiagalli per il no ai test
Se una coppia è affetta da una malattia genetica grave, tale da poter portare ad un aborto terapeutico da parte della donna, la coppia ha diritto ad ottenere la diagnosi genetica preimnpianto nella struttura sanitaria dove è effettuata la procreazione medicalmente assistita, o al pagamento delle spese per effettuare tale test in altra struttura.
Lo stabilisce un'ordinanza del Tribunale di Milano, con la quale la Regione Lombardia e la clinica Mangiagalli vengono condannate per il rifiuto di fare la diagnosi preimpianto ad una coppia in cui l'uomo era affetto da esostosi multipla ereditaria, trasmissibile al feto.
"Questa ordinanza del Tribunale di Milano che condanna la Mangiagalli a eseguire la diagnosi genetica preimpianto (Pgd), ovvero a sostenere le spese per farla eseguire da altre strutture abilitate, dimostra - spiega Baldini - come la Pgd su malattie gravi rappresenta una prestazione essenziale di assistenza. In altri termini, in linea con la sentenza 96/15 della Corte Costituzionale, vi è un criterio omogeneo di gravità della patologia, dell'embrione come del feto, in forza del quale a tutela della salute della donna sussiste la pretesa ad effettuare la diagnosi genetica sull'embrione prima per evitare un aborto terapeutico del feto dopo". Concedere alla donna una tale possibilità, sottolinea il legale, "non può dunque rientrare nella discrezionalità dell'azienda sanitaria, essendo parte del diritto soggettivo alla procreazione cosciente e responsabile per il quale non può sussistere differenza tra riproduzione naturale o medicalmente assista".
Assieme alla Mangiagalli, è condannata anche la Regione Lombardia poichè, sottolinea, "la Regione si era costituita a sostegno delle tesi della clinica, che sosteneva che la diagnosi genetica preimpianto non costituisce un diritto per il paziente ma una possibilità in base alle capacità tecniche della clinica". La Mangiagalli effettua al momento la Pgd solo per tre patologie. L'ordinanza pone anche un altro tema: "La procreazione medicalmente assistita è stata inserita nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), ma una prestazione accessoria fondamentale per le coppie con malattie genetiche gravi prevista dalla legge 40 sulla pma, come appunto la diagnosi preimpianto, non è stata inserita. Ciò è illogico e discriminante ed il mancato inserimento della Pdg nei Lea costituisce una contraddizione inaccettabile". Per questo, annuncia Baldini, "valuteremo ipotesi di azione presso i tribunali amministrativi".
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