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Fnomceo, stop ai selfie in sala operatoria

Professione Redazione DottNet | 19/04/2017 13:32

Diffusa una circolare della presidente Fnomceo Roberta Chersevani

Le corsie degli ospedali non possono diventare teatro di immagini da pubblicare sui social network. Quindi prima di “postare” o “twittare”, selfie, fotografie e video i medici dovranno riflettere e ricordare quanto scritto nel giuramento di Ippocrate e quanto sancito nel loro codice deontologico.
 
È questo, in sintesi, il messaggio contenuto in una circolare inviata dalla Fnomceo ai Presidenti degli Ordini provinciali dei medici e odontoiatri. Un invito - sembra quasi un paradosso - che prende in realtà le mosse da una nota del ministero della Salute firmata dal Direttore generale Rossana Ugenti inviata nei giorni scorsi agli Ordini professionali proprio per richiamare l’attenzione al “problema” della diffusione di foto e video realizzati all’interno delle strutture sanitare da parte delle professioni sanitarie.


 
Per un medico che ha prestato giuramento professionale appare inaudito realizzare simili comportamenti che violano in modo gravissimo le regola della deontologia professionale” scrive Roberta Chersevani, Presidente della Fnomceo, chiamando in causa il settimo capoverso del giuramento professionale che obbliga il medico ad attenersi ai principi morali di umanità e solidarietà nonché a quelli civili del rispetto della persona.

In particolare, sottolinea Chersevani, questi comportamenti violano l’essenza stessa del Codice Deontologico contenuta nel primo comma degli articoli 3 sui doveri generali e competenze del medico (“i doveri del medico sono la tutela della vita, della salute psico-fisica, il trattamento del dolore e il sollievo della sofferenza, nel rispetto della libertà e della dignità della persona, senza discriminazione alcuna, quali che siano le condizioni istituzionali o sociali nelle quali opera”) e dell’articolo 10 sul segreto professionale (“il medico deve mantenere il segreto su tutto ciò di cui è a conoscenza in ragione della propria attività professionale”); nonchè nell’articolo 12 sul trattamento dei dati sensibili (“Il medico può trattare i dati sensibili idonei a rivelare lo stato di salute della persona solo con il consenso informato della stessa o del suo rappresentante legale e nelle specifiche condizioni previste dall’ordinamento”).
 
“È da osservare che il medico è tenuto anche, come qualsiasi cittadino a rispettare la normativa di legge sulla tutela dei dati personali” prosegue Chersevani che per dare ancora più valore alla stigmatizzazione dei comportamenti menziona l’articolo 20 dove si sottolinea che “il medico nella relazione persegue l’alleanza di cura fondata sulla reciproca fiducia e sul mutuo rispetto dei valori e dei diritti e su un’informazione comprensibile e completa, considerando il tempo della comunicazione quale tempo di cura”.

Nella certezza che questi comportamenti riguardino solo “una minima parte dei tanti medici che operano positivamente negli ospedali e nelle strutture sanitarie”, Chersevani invita quindi i Presidenti degli Omceo a informare i propri iscritti e a vigilare su eventuali violazioni della deontologia professionale “affinché non si ripetano in futuro comportamenti come quelli segnalati dal Ministero”.

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