Una milza piccola caratterizza un tipo di celiachia non trattabile con la dieta gluten-free.
La celiachia (CD), enteropatia autoimmune cronica del piccolo intestino, è scatenata dall’esposizione al glutine nella dieta in individui geneticamente predisposti. L’unico trattamento accettato per CD è, dunque, un’alimentazione priva di glutine (GFD) per tutta la vita. In alcuni casi però, questa dieta non basta a bloccare l’atrofia dei villi legata alla malattia. Escludendo i casi più rari di malattie come sprue collagenosica, immunodeficienza variabile comune, enteropatia autoimmune o da Giardia lambdia, a questi pazienti viene solitamente posta diagnosi di CD refrattaria (RCD), ovvero celiachia non trattabile con GFD. Questo tipo di disordine può essere a sua volta diviso in due tipi in base all’assenza (tipo I) o alla presenza (tipo II) di una popolazione linfocitaria intraepiteliale con un fenotipo aberrante. Quest’ultimo è caratterizzato dalla perdita del marker di superficie CD3 e dalla presenza di complessi intracellulari della stessa molecola (iCD3).
Diversi studi in passato avevano individuato nei pazienti affetti da CD un’atrofia splenica o un malfunzionamento della milza; tale condizione però non sembrava essere associata allo sviluppo di una condizione maligna. In uno studio pilota molto interessante, Tom van Gils et al. avevano osservato che i pazienti con RCD II e EATL mostravano una milza più piccola rispetto ai soggetti con CD non complicata. Nel lavoro più recente gli stessi autori hanno cercato di valutare, in una coorte più ampia di pazienti, se il volume splenico (SV), misurato tramite tomografia computerizzata, sia differente nei sottogruppi di CD rispetto ai controlli sani.
La popolazione coinvolta nello studio è stata divisa in:
I dati hanno mostrato una mediana SV più grande nei pazienti con CD non complicata rispetto ai controlli (202 cm3 vs 183 cm3). Nei pazienti con RCD II, invece, la mediana di SV è risultata molto più piccola del gruppo di controllo e si aggira intorno al valore di 118 cm3.
Nonostante lo studio abbia dimostrato un’ampia variabilità inter-individuale in merito ai valori di SV, questi ultimi sembrano essere elevati nella CD non complicata e molto bassi in caso di RCD II. Tale risultato potrebbe avere una notevole rilevanza clinica considerando lo stato di compromissione immunologica di questi pazienti.
Fonte:
Tom van Gils et al. Splenic volume differentiates complicated and non-complicated celiac disease. United European Gastroenterology Journal 2017, Vol. 5(3) 374–379.
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