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Il trapianto di cuore compie 50 anni: storia e retroscena

Cardiologia Redazione DottNet | 01/12/2017 13:37

Molte le accuse a Barnard: da 'macellaio' ad 'avvoltoio'

 Il trapianto di cuore, che rimane nell'immaginario collettivo uno degli interventi chirurgici più complicati, compie ben mezzo secolo. Il primo tentativo riuscito, da parte del chirurgo sudafricano Christiaan Barnard, risale infatti al 3 dicembre del 1967: il primo di una lunga serie che oggi vede circa 7mila trapianti l'anno in tutto il mondo.    Il primo paziente trapiantato fu Louis Washkansky, un 53enne che soffriva di insufficienza cardiaca grave, che passò alla storia come l''uomo con il cuore di una giovane donna'.

A donare l'organo era stata infatti Denise Darvall, una donna di 25 anni impiegata di banca che il giorno prima era stata investita mentre attraversava la strada. Il padre della ragazza diede subito il consenso, riportano le cronache dell'epoca, e Washkansky fu portato in sala operatoria nelle prime ore del 3 dicembre. Il trapianto fu eseguito da un team di 20 persone.  

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"Quando l'ultima connessione fu fatta - riporta il libro 'Every Second Counts: The Race to Transplant the First Human Heart' del giornalista e scrittore Donald McRae - era il momento della verità. Tutti allungarono il collo per vedere meglio. In un completo silenzio il professor Barnard mormorò 'Cristo, funzionerà'".    Il paziente riprese a parlare 33 ore dopo l'intervento, dicendo di sentirsi molto meglio, ma morì 18 giorni dopo per una polmonite. Il cuore era perfettamente funzionante, ma il sistema immunitario era indebolito dai farmaci immunosoppressori.

"Dal punto di vista della tecnica chirurgica non è cambiato molto in 50 anni - spiega Michele Pilato, responsabile della cardiochirurgia dell'Ismett di Palermo -. I veri passi avanti sono stati fatti proprio sull'aspetto immunologico del trapianto, sul problema del rigetto che è quello che ha determinato i fallimenti dei primi tentativi. Ora abbiamo fatto grandi passi avanti, tanto che la sopravvivenza a 5 e 10 anni è superiore al 70%, anche se rimane qualche problema a lungo termine dovuto ad esempio alle terapie immunologiche che favoriscono alcuni tumori o a una sorta di 'rigetto cronico' che colpisce le coronarie". 

  Barnard divenne subito famoso in tutto il mondo, e morì nel 2001 a 79 anni in seguito ad un forte attacco d'asma, in tempo per vedere i primi tentativi di cuori artificiali. "Il gold standard rimane il trapianto di cuore 'umano' - precisa Pilato - ma quelli artificiali sono utili ad esempio come 'ponte' per pazienti in attesa di trapianto. Non c'è dubbio però che tra 10-20 anni saranno pronti per essere impiantati in via definitiva".    Secondo l'Organ Donation and Transplant Observatory dell'Oms nel 2015 sono stati effettuati 7023 trapianti di cuore, in crescita del 7% rispetto al 2014. La procedura è effettuata soprattutto in Europa e in America, ma 14 casi si sono avuti anche in Africa. In Italia nel 2016 ne sono stati effettuati 267.

La notizia del primo trapianto di cuore fece il giro del mondo, ma insieme alle celebrazioni e alle lettere di complimenti per gli autori si attirò le ire di quelli che oggi chiameremmo 'haters', persone comuni che si scagliarono contro i medici accusandoli di rubare gli organi. Lo rivela in un'intervista al Times Dene Friedmann, un'infermiera che faceva parte del team di Christian Barnard che 50 anni fa eseguì l'intervento.    "Non avevamo pensato che avrebbe suscitato un tale vespaio - afferma Friedmann, ora ultrasettantenne -. Ci furono persone che scrissero lettere molto critiche al professor Barnard, lettere orribili in cui lo chiamavano 'il macellaio'".

Le lettere, ricorda l'infermiera, venivano da tutto il mondo.    "Ho sentito parlare di avvoltoi umani, ma è la prima volta che ne vedo uno con un nome", affermava ad esempio un uomo che scriveva dall'Illinois, mentre un altro da Hong Kong sosteneva che "Avete avuto l'audacia di assumere l'autorità di Dio pretendendo di dare la vita". I problemi etici erano sottolineati anche da alcuni giornali, con Paris Match ad esempio che titolava "La battaglia del cuore. I chirurghi hanno il diritto di farlo?".    Molte delle controversie, ricorda Friedmann, derivavano dal fatto che non si aveva il concetto di morte cerebrale, tanto che il team aspettò 12 minuti dopo l'arresto cardiaco della donatrice prima di procedere con il trapianto. "Barnard non voleva che nessuno potesse dire che avevano tolto un cuore che batteva da un paziente".    Altre polemiche derivarono dal fatto che il regime sudafricano, in piena apartheid, usò la notizia a proprio vantaggio: "Usarono il professore come un ambasciatore".

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