La vicenda parte tra il 2001 e il 2003 quando alcuni medici si sono rivolti al Tribunale di Palermo chiedendo una remunerazione appropriata
I medici specializzandi vanno adeguatamente remunerati e l’Italia non lo ha ancora fatto: lo afferma la Corte di Giustizia Ue, con le sentenze riunite sulle cause C-616/16 e C-617/16, come riporta il Sole24ore. La vicenda ha preso le mosse dalla direttiva n. 82/76/Cee, che aveva introdotto il principio per cui entro il 31 dicembre 1982 gli stati dovevano quantificare, con legge nazionale, l'entità della remunerazione.
L'Italia ha provveduto con quasi nove anni di ritardo all'attuazione della direttiva (Dlgs 257/91), con effetti a partire dall'anno accademico 1991/1992.
In particolare, la Cassazione aveva chiesto:
1) se la direttiva sia applicabile ai corsi di specializzazione, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati prima del 31 dicembre 1982 (come detto, termine fissato agli Stati membri per conformarsi alla direttiva) e completati dopo tale data, sino al 1990 (anno precedente l'attuazione in Italia della direttiva). In caso di risposta affermativa al suddetto quesito:
2) se l'obbligo di remunerazione adeguata per i medici specializzandi sorga immediatamente per effetto della direttiva oppure solo per effetto della trasposizione della stessa nell'ordinamento nazionale;
3) se l'obbligo di remunerazione adeguata valga, per i corsi di specializzazione svoltisi “a cavallo” del 31 dicembre 1982, anche per la parte di corso anteriore a tale data. Con la sentenza odierna, la Corte afferma, innanzitutto, che la direttiva si applica a tutti i corsi di formazione specialistica, a tempo pieno o a tempo ridotto, iniziati a partire dal 1982 (anno di emanazione della direttiva).
Tali formazioni specialistiche, quindi, devono essere adeguatamente remunerate (si vedrà oltre a partire da quando, nell'ambito di un singolo corso), a condizione che si tratti di una specialità comune a tutti gli Stati membri oppure comune a due o più Stati membri e menzionata dalla direttiva sul mutuo riconoscimento dei titoli di studio.
In secondo luogo, la Corte stabilisce che l’obbligo di remunerazione sorge immediatamente con la direttiva, a prescindere dal suo recepimento nel diritto nazionale. In effetti, l'obbligo di remunerazione previsto dalla direttiva è, in quanto tale, incondizionato e sufficientemente preciso. Quindi, se, come è accaduto in Italia, mancano le norme interne di trasposizione, la quantificazione della remunerazione agli specializzandi va effettuata dal giudice mediante l'interpretazione di altre norme del diritto nazionale.
Se ciò non è possibile (e sarà il giudice nazionale a stabilirlo), si legge sul quotidiano economico, allora il mancato recepimento della direttiva deve essere considerato come un inadempimento dello Stato che comporta a suo carico l'obbligo di risarcire i singoli soggetti danneggiati. A tal riguardo, il risarcimento dovrebbe essere quantomeno pari alla remunerazione prevista dalla successiva normativa di trasposizione della direttiva, fatta salva la possibilità per i medici interessati di provare danni ulteriori per non avere potuto beneficiare della remunerazione nei giusti tempi. In terzo luogo, la Corte dichiara che, per i medici che abbiano seguìto, a tempo pieno o a tempo ridotto, dei corsi di specializzazione “a cavallo” del 31 dicembre 1982, il diritto alla retribuzione sorge solo a partire dal giorno successivo a tale data (quindi a partire dal 1° gennaio 1983). La stessa direttiva, infatti, ha previsto che, sino al 31 dicembre 1982, gli Stati membri avessero il tempo di adeguarvisi.
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