Gene P53 mutato può diventare il bersaglio per le terapie di precisione
I tumori testa-collo rappresentano il 4% di tutte le neoplasie e ogni anno in Italia ne sono diagnosticati oltre 9.500 nuovi casi. Quando si presentano con una particolare aggressività e una bassa risposta alle terapie, ad esserne responsabile è il gene p53. Questo "guardiano del genoma" è uno dei più potenti soppressori tumorali che il corpo umano abbia a disposizione, ma diventa molto pericoloso quando muta.
A individuarne il meccanismo d'azione, uno studio dell'Istituto Regina Elena di Roma, reso possibile grazie al contributo del ministero della Salute e dell'Associazione per la Ricerca sul Cancro (Airc). Nel mondo quasi una persona su due con un tumore presenta la mutazione del gene che produce la proteina p53.
Spezzare il legame tra i due Rna ripristina le normali funzioni di miR-590-3p e rallenta la proliferazione delle cellule maligne. "Il nostro gruppo - spiega Giovanni Blandino - studia le attività oncogeniche di p53 mutata nei tumori squamosi della testa-collo. Tali neoplasie sono molto aggressive e con una percentuale di mutazioni del gene di p53 che arriva al 70-80%". "In futuro questi risultati - conclude Gennaro Ciliberto, direttore scientifico del Regina Elena - potrebbero essere informazioni preziose per sviluppare terapie mirate a disarmare questo importante bersaglio".
fonte: ansa
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