In una nota l'Ente spiega che si tratta solo di un'iniziativa per tutelare la salute
La delibera approvata dalla Giunta regionale "in materia di rischio biologico in ambiente sanitario non ha nulla di coercitivo, non fissa alcun obbligo, ma stabilisce indicazioni che verranno attuate dai medici competenti per limitare il rischio di trasmissione di malattie virali e batteriche nelle strutture sanitarie, per tutelare sia il personale che i pazienti".
Così, in una nota, la Regione Emilia-Romagna risponde alle perplessità emerse a livello sindacale sul tema vaccinazioni al personale sanitario personale sanitario impiegato in reparti caratterizzati da una evidente delicatezza. "Voglio chiarire - osserva l'assessore regionale alla Sanità, Sergio Venturi - che la nostra decisione non introduce e non stabilisce alcun obbligo, alcuna coercizione, ma soltanto tutela della salute". Inoltre, prosegue, "è evidente che nel momento in cui chiediamo ai genitori di vaccinare i propri figli che vanno a scuola, per evitare che possano ammalarsi o che diventino veicolo di trasmissione di malattie verso altri bambini affetti da gravi patologie, è necessario poi essere conseguenti: se gli stessi bambini debbono andare in ospedale - aggiunge - non devono correre il rischio di contrarre una malattia trasmessa da un operatore sanitario, oppure di contagiarlo".
Ad ogni modo, puntualizza Venturi, "siamo sempre aperti al confronto e nei prossimi giorni convocheremo i sindacati ma bisogna tener presente che il medico competente o medico del lavoro è una figura professionale che salvaguarda la salute del personale: è un medico preposto alla tutela dei dipendenti, non del datore di lavoro". Quindi, prosegue l'assessore regionale, "è naturale che se il medico del lavoro rileva profili di rischio in particolari ambiti lavorativi, e soltanto nel caso in cui il lavoratore non possa o non voglia sottoporsi alla prevista profilassi, rilascerà un giudizio di idoneità parziale temporanea che comporterà limitazioni per lavorare in aree ad alto rischio e per prestare direttamente assistenza a determinati pazienti. E questo - conclude Venturi - proprio per evitare rischi di contagio, per tutelare la salute di operatori sanitari e pazienti".
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