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Tubercolosi: aumentano in Italia i casi tra stranieri

Infettivologia Redazione DottNet | 23/03/2018 21:00

Resta tra i primi 10 killer nel mondo. Oms, 10 mln i malati in tutto il pianeta

E' una lotta che si rischia di perdere quella contro la tubercolosi. Nonostante gli sforzi, ogni giorno miete 4500 vittime e continua a rimanere una delle prime 10 cause di morte nel mondo. Ben 10,4 milioni i nuovi casi globali stimati nel 2016, di cui 1 milione nei bambini e il 10% tra i sieropositivi. L'accesso alla diagnosi e ai nuovi farmaci per le forme multiresistenti della malattia rimangono insufficienti, come ricorda l'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) alla vigilia del World Tb Day di domani.

La geografia di questa malattia, la cui scoperta del batterio ad opera di Robert Koch risale al 24 marzo del 1882, mostra che dei 10,4 milioni di nuovi casi del 2016, il 90% riguarda adulti e il 65% maschi. I morti sono stati 1,7 milioni, il 95% dei quali in Paesi a basso e medio reddito. Un milione circa i casi nei bambini, 250mila dei quali mortali. Nell'Unione europea i casi sono stati 58.994 nel 2016: di questi il 32,7% è di origine straniera. Il loro numero è aumentato progressivamente, passando dal 19% nel 2005 al 27% nel 2014.

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L'Italia è un paese a bassa incidenza, anche se la tbc si concentra in alcuni gruppi a rischio. Dal 1955 al 2008 il numero annuale di casi è infatti sceso da 12.247 a 4418 (-64%), mentre dal 2009 si registra un aumento dei casi negli stranieri, passati dal 44% nel 2005 al 66% nel 2014. Oltre alle fasce più vulnerabili e a rischio, un altro fronte su cui lavorare è quello dei ceppi della malattia resistenti ai farmaci in aumento, come rileva Medici senza frontiere. Nel 2016 la tubercolosi multiresistente ha colpito 600mila persone, uccidendone 240mila, mentre solo 130mila hanno potuto iniziare un trattamento.

Anche se da più di quattro anni sono disponibili sul mercato due nuovi farmaci, bedaquilina e delamanid, l'accesso vi rimane "inaccettabilmente limitato", sottolinea Msf. Preoccupa anche la diffusione, nell'ultimo anno, di "epidemie transfrontaliere dovute alla diffusione di particolari ceppi in diversi stati europei", come segnala l'Associazione Microbiologi Clinici Italiani (Amcli). Per fronteggiare il fenomeno è stata predisposta una task force europea per individuare nel più breve tempo possibile tali ceppi.

"Il primo passo concreto è quello di aumentare la capacità di diagnosi ed analisi del singolo caso", commenta Pierangelo Clerici, presidente Amcli. Infine, ma non meno importante, il pericoloso legame con l'hiv: la tbc è infatti la principale causa di morte per le persone sieropositive, in 1 caso su 3, segnala Unaids. "Il mondo ha le risorse per mettere fine a queste epidemie interconnesse tra tbc e hiv, ma mancano l'impegno e la volontà politica", accusa Michel Sidibè, direttore esecutivo Unaids.

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