La recente scoperta dell'Università di Padova punta i riflettori sui maschi
L'adipe 'mangia' la vitamina D e questo rende più elevato il rischio per le persone affette da obesità di contrarre l'osteoporosi. E' quanto emerge da una ricerca durata tre anni, realizzata da un'equipe specializzata coordinata dal Carlo Foresta, ordinario di Endocrinologia e direttore dell'Uoc di Andrologia e Medicina della Riproduzione dell'Università di Padova. Una scoperta innovativa che aiuterà ad individuare i soggetti a rischio e a riformulare le cure. L'osteoporosi, infatti, non è un problema solo femminile, ma rappresenta un'emergenza clinica anche per il maschio: dopo i 50 anni un uomo su 5 ne risulta esserne affetto. Nelle donne il rischio di osteoporosi è fortemente correlato alla menopausa, pertanto lo screening e la diagnosi per questa patologia sono una pratica clinica consolidata. Nel maschio invece non è stato individuato ancora il fattore di rischio scatenante, pertanto in Italia il 90% delle densitometrie, metodica che studia la densità dello scheletro, è appannaggio delle donne".
Analizzando altre varabili, una patologia molto più frequente nell'uomo che nella donna è l'obesità: secondo l'Istat il 55% degli uomini risulta essere in sovrappeso-obeso.
Agendo su cellule adipose coltivate in vitro, l'equipe ha dimostrato che il tessuto adiposo del soggetto obeso, quando stimolato con elevate dosi di vitamina D, induce variazioni funzionali della cellula adiposa che favoriscono ulteriormente l'accumulo di lipidi e quindi l'obesità stessa. Lo studio della Fondazione Foresta suggerisce la stretta necessità di normalizzare i livelli plasmatici di testosterone e vitamina D nell'uomo obeso per prevenire e curare l'osteoporosi associata alla obesità, ma sottolinea la stretta sorveglianza della somministrazione di questi ormoni per evitare che l'accumulo di questi nel tessuto adiposo aggravi ulteriormente la disfunzione degli adipociti (le cellule adipose), favorendo lo stato di obesità.
Le malattie tiroidee, di cui l’ipotiroidismo è la condizione più diffusa, si stima colpiscano oltre 6 milioni di italiani, prevalentemente donne dopo i 35-40 anni
Lo rivela uno studio appena presentato al congresso della Menopause Society di Chicago, una meta-analisi condotta su 29mila donne dalla Drexel University College of Medicine di Philadelphia
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Al Collegio Ghislieri di Pavia il 6 e 7 settembre due giorni dedicati all'innovazione tecnologica e terapeutica nella prevenzione e trattamento delle patologie legate al diabete e all'obesità
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