E' il dosaggio della molecola che regola l'assorbimento dei grassi nei cibi
Verso un test del sangue per diagnosticare il 'fegato grasso' (steatoepatite), un accumulo patologico di lipidi a livello epatico con successiva infiammazione e danno del tessuto sano, che può ridurre la funzionalità del fegato e mettere a rischio di tumore e malattie cardiovascolari. È la promessa che arriva da uno studio coordinato da Maria Gisella Cavallo del Dipartimento di Medicina Sperimentale dell'Università Sapienza di Roma e presentato a Berlino in occasione di EASD 2018, il convegno della European Association for the Study of Diabetes. Si tratta del dosaggio della 'neurotensina' (NT), un peptide che facilita l'assorbimento dei grassi alimentari.
La neurotensina potrebbe un giorno diventare anche un bersaglio terapeutico mirato a ridurre l'assorbimento dei grassi introdotti con l'alimentazione.
Gli esperti hanno coinvolto 320 individui di entrambi i sessi ed età media di circa 50 anni, afferenti presso il Centro di Diabetologia dell'Università Sapienza di Roma. Di questi, 60 soggetti sono stati sottoposti a chirurgia bariatrica per obesità patologica e, nel corso dell'intervento, a biopsie epatiche per la diagnosi di fegato grasso; 40 di questi pazienti sono stati sottoposti anche a biopsia del grasso addominale per esplorare la presenza di infiammazione del tessuto adiposo. Per gli altri 260 partecipanti la presenza di fegato grasso è stata indagata mediante ecografia addominale. "Il nostro studio ha dimostrato - rivela Barchetta - che i livelli ematici di pro-NT sono significativamente più alti nei pazienti con fegato grasso. Inoltre, alte concentrazioni di pro-NT si associano ad una maggiore gravità della malattia".
Elevati livelli di pro-NT sono stati trovati nei soggetti più anziani, nelle femmine, nei pazienti insulino-resistenti e con diabete mellito di tipo 2, in presenza di infiammazione del grasso addominale. In conclusione, elevati livelli circolanti di pro-NT permettono di identificare la presenza e la gravità di malattie da accumulo epatico di grasso e inoltre si associano alla presenza di fenomeni infiammatori a carico del grasso addominale. La NT, favorendo l'assorbimento dei grassi alimentari, potrebbe da un lato promuovere il deposito di grasso direttamente nel fegato e lo sviluppo di fenomeni infiammatori epatici; dall'altro, indurre insulino-resistenza nell'organismo e lo sviluppo di malattie metaboliche correlate come il diabete di tipo 2. "Attraverso questo studio - commenta Cavallo - abbiamo individuato nella neurotensina un nuovo importante biomarcatore di fegato grasso. È possibile ipotizzare un ruolo della neurotensina nei meccanismi di accumulo del grasso epatico e la possibilità, tenendola a bada, di prevenire o curare questa condizione".
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