L'iniziativa per respingere al mittente le accuse di chi attribuisce le lunghe liste d'attesa all'attività libero professionale dei camici bianchi
Dall'Ordine dei medici di Lecce arriva la proposta di sciopero dell'intramoenia per respingere al mittente le accuse di chi attribuisce le lunghe liste d'attesa all'attività libero professionale dei camici bianchi. Pieno appoggio arriva dal Coordinamento dei medici ospedalieri (Cimo-Fesmed) che non ci stanno a farsi contestare che l'attività dei medici in libera professione sia connessa con il problema delle liste d'attesa: "Criminalizzare i medici è solo un paravento per deviare l'attenzione e lo scontento da responsabilità politiche e inefficienze gestionali".
"Fin da novembre scorso - si legge in una nota di Cimo - abbiamo invitato i medici pugliesi all'autosospensione dalla libera professione per dimostrare polemicamente che il fermo di questa attività, che pur rappresentano una percentuale irrisoria dell'attività ambulatoriale erogata in una struttura ospedaliera, porterebbe ad ulteriori allungamenti delle liste di attesa".
I nodi, spiegano i medici ospedalieri, non sono nella possibilità di esercitare visite fuori dai propri turni ospedalieri, che invece supportano il flusso della domanda di prestazioni che arrivano ai Cup, ma nella mancanza di medici sufficienti nei turni e in particolare di medici specializzati, oltre che di investimenti in tecnologie sanitarie efficienti. "La storia vera - affermano - è quella di una forte carenza di medici e assistenza di fronte alle richieste dei pazienti. Che peggiorerà se si blocca la libera professione".
E' di quattro mesi fa la proposta di legge regionale del consigliere pugliese Fabiano Amati (Pd), condivisa da Forza Italia e MS5, con la quale si proponeva di sospendere la libera professione se i tempi di attesa diventano significativamente inferiori ai tempi previsti per effettuare le prestazioni ricomprese nel Servizio sanitario nazionale. "Una proposta superficiale - ha commentato Cimo - e che si traduce in disprezzo verso il lavoro dei medici come i responsabili dei lunghi tempi di attesa".
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