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L’importanza terapeutica degli oppiacei nei pazienti con dolore cronico

Medicina Generale Redazione DottNet | 03/05/2019 14:13

La Prof.ssa Patrizia Romualdi, Professore Associato di Neurofarmacologia del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater Studiorum –Università di Bologna ed esperta di dolore e abuso, definisce l’importanza degli oppiacei e il loro benef

La Prof.ssa Patrizia Romualdi, Professore Associato di Neurofarmacologia del Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Alma Mater Studiorum –Università di Bologna ed esperta di dolore e abuso, definisce l’importanza degli oppiacei e il loro beneficio nei pazienti con dolore cronico.

Dottoressa secondo lei perché gli oppiacei sono così efficaci nell’alleviare i sintomi del dolore? Qual è il meccanismo d’azione?

L’oppiaceo interagisce con i recettori oppioidi che sono collocati sui neuroni spinali che rappresentano le vie ascendenti di proiezione del dolore. Inoltre, quando c’è dolore  a livello periferico, arriva un segnale alla corteccia cerebrale che attiva una risposta sottocorticale di tipo inibitorio. La risposta è mediata dalla noradrenalina e dalla serotonina, due neurotrasmettitori che attivano gli interneuroni oppioidi collocati sul corno dorsale del midollo spinale e hanno la funzione di inibire le afferenze nocicettive.

Ogni individuo possiede  una propria soglia del dolore, determinata da numerosi fattori  tra cui l’entità del legame tra gli oppioidi endogeni e i propri recettori.

Perché l’oppiaceo possiede attività analgesica?

Fondamentalmente per 2 motivi:

- il recettore oppioide è di tipo inibitorio. Una volta attivato dà una risposta che va ad inibire la trasmissione del dolore con conseguente azione analgesica, cioè inibisce la depolarizzazione neuronale e alza la soglia al dolore.

- gli interneuroni oppioidi con i loro recettori, sui quali agiscono i farmaci, sono collocati nel corno dorsale del midollo spinale e svolgono una attività inibitoria.

Analgesici oppiacei o oppioidi, ci indica i benefici terapeutici nei pazienti con dolore cronico?

Il dolore viene misurato attraverso l’utilizzo di diverse scale, la più semplice è la scala NRS che va da 0 a 10, dove 0 è nessun dolore e 10 massimo dolore. Quando si assume il farmaco oppiaceo si va ad innalzare la soglia del dolore, riducendo la sintomatologia dolorosa. Normalmente il dolore non scompare, ma si riduce fino ad arrivare ad un valore di 2 o 3 nella scala NRS, accettabile per una discreta qualità di vita.

Chiaramente, esistono effetti collaterali quali:

  • depressione respiratoria
  • stipsi
  • nausea/vomito

Ad esempio, nel caso di un paziente anziano affetto da BPCO che presenta dolore cronico, occorre valutare sempre il rapporto rischio/beneficio e monitorare il paziente con i giusti dosaggi di farmaco. Viceversa, laddove non sia presente una pregressa patologia respiratoria, l’utilizzo degli oppiacei non è controindicato. La stipsi invece, può essere controllata mediante cure aggiuntive e ridotta da uno stile di alimentazione ricco di liquidi e fibre, mentre nausea e vomito vanno incontro a tolleranza dopo pochi giorni.

Di fondamentale importanza è il counseling al paziente: bisognerebbe informarlo sul farmaco, sugli effetti collaterali, sulle modalità  e il tempo di assunzione.

Le linee guida dell’American Geriatric Society, raccomandano una terapia con oppiacei rispetto all’utilizzo di antinfiammatori non steroidei, giacché questi ultimi presentano molti più effetti collaterali, soprattutto appunto nei pazienti anziani.

Il position paper della Società Italiana di Farmacologia - SIF afferma che la terapia con oppiacei nei pazienti con pregressa storia di disturbo da uso di sostanze (SUD), compreso l'alcool, o con malattia mentale attiva non deve essere criminalizzata o evitata. Lei cosa ne pensa?

Nel Position Paper della Società Italiana di Farmacologia (SIF), sono fornite indicazioni destinate ai pazienti con pregressa storia di dipendenza da sostanze: bisogna sempre sottoporre il paziente a questionari di valutazione per individuare il rischio di abuso quando gli si somministra un farmaco che può provocare dipendenza. In tal modo il dolore cronico del paziente è trattato nel rispetto dei parametri di sicurezza del farmaco (safety), con conseguente miglioramento della compliance.

L’approccio terapeutico in pazienti con dolore cronico e pregressa dipendenza da uso di sostanze, dovrebbe consistere in un graduale aumento del dosaggio del farmaco oppiaceo. Inoltre, diverse pubblicazioni scientifiche hanno dimostrato che nei pazienti con dolore cronico non si attivano i meccanismi di gratificazione che portano alla dipendenza psichica.  

Il rapporto rischio/beneficio dell’uso di questi farmaci nei pazienti con dolore cronico ovviamente pende verso il beneficio in quanto convivere con il dolore è davvero molto difficile. Con la legge 38/2010 si è cercato di garantire una migliore qualità di vita a questi pazienti. Lei cosa ne pensa?

Sono pienamente d’accordo, il rapporto rischio/beneficio, tende sempre verso il beneficio, perché il dolore altera in modo significativo ed invalidante la qualità di vita. É stato ampiamente dimostrato che il deterioramento cognitivo della persona con dolore, è di gran lunga peggiore rispetto alle alterazioni cognitive della persona che assume l’oppiaceo.

Il fentanil è un potente analgesico oppioide sintetico, ci indica i benefici terapeutici?

Il fentanil è uno dei più potenti analgesii oppiacei, è un validissimo farmaco che si usa a dosaggi di microgrammi, 100 volte inferiori alla morfina. Negli Stati Uniti d’America (e ora è arrivato anche in Europa) hanno messo a punto un fentanil illegale (illicit fentanil), molto più potente del farmaco prescrivibile da cui deriva, che può portare alla morte. Il fentanil è attualmente utilizzato in ospedale per indurre l’anestesia o come analgesico nel dolore cronico. Il fentanil sintetico si compra sul mercato nero o sui siti internet ed è dunque reperibile da coloro che vogliano farne un uso voluttuario.

La morte per overdose da oppiacei nella maggior parte dei casi avviene a causa di  “misuso” o “diversione”.

Il misuso è un uso non appropriato di un farmaco, al di fuori della prescrizione medica. La diversione, invece, consiste nel trasferimento intenzionale del farmaco a persone che in realtà non presentano dolore, determinando in tal caso una dipendenza psichica.

Il concetto fondamentale è che le persone con dolore cronico hanno diritto alla cura e non bisogna essere legati culturalmente a falsi miti e a pregiudizi.

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