Al crescere della quantità di tau nel cervello diminuisce parallelamente la regolarità delle onde cerebrali connesse con un buon riposo notturno
Arrivano nuove conferme sul legame tra difficoltà a dormire in età adulta e rischio di ammalarsi di Alzheimer negli anni a venire: infatti, uno studio condotto presso l'Università della California a Berkeley mostra che presentare disturbi del sonno tra i 50 e i 60 anni si associa a maggior presenza nel cervello delle sostanze tossiche (tau e beta-amiloide) che tipicamente si ritrovano nei pazienti con Alzheimer. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Neuroscience e mostra pure che proprio al crescere della quantità di tau nel cervello, diminuisce parallelamente la regolarità delle onde cerebrali connesse con un buon riposo notturno. Gli esperti hanno osservato con una tomografia il cervello di 95 anziani, di cui hanno raccolto informazioni relativamente al loro passato, specie in rapporto alle loro abitudini al sonno e a eventuali problematiche connesse col riposo notturno.
È emerso che (come già visto in precedenti studi) chi dai 40 anni in avanti ha sofferto di disturbi del sonno, in età anziana presenta una maggiore concentrazione di beta-amiloide nel cervello. Inoltre è emerso che chi ha sofferto di disturbi del sonno tra i 50 e i 60 anni, da anziano presentava nel cervello un accumulo di proteina tau. Questa appariva tanto più concentrata tanto minore risultava la sincronia delle onde cerebrali che viaggiano nel cervello mentre dormiamo in modo profondo, onde che sono un indicatore di un sonno rigenerante. "Non dormire a sufficienza per tutto il corso della vita predice in modo significativo il rischio di presentare i segni tipici dell'Alzheimer nel cervello" - spiega Matthew Walker, autore del lavoro -. In nessun momento della vita puoi concederti di dormire meno del necessario senza subirne le potenziali conseguenze a lungo termine"
fonte: Journal of Neuroscience
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