Unaids, 770mila morti nel 2018: solo 30mila in meno rispetto al 2017
I progressi nella lotta all'Aids stanno rallentando, e di questo passo la sconfitta della malattia, teoricamente possibile entro il 2030, rischia di diventare una chimera. A sottolineare il momento molto delicato è il rapporto di Unaids, secondo cui nel 2018 ci sono stati 1,7 milioni di nuovi casi e 770mila morti, appena 30mila in meno rispetto all'anno precedente, quando le nazioni del'Onu si erano impegnate ad arrivare a 500mila entro il 2020. Secondo il rapporto presentato oggi a Eshowe, in Sudafrica, 37,4 milioni di persone vivono con l'Hiv in tutto il mondo, una cifra in ascesa grazie alla diffusione sempre maggiore delle terapie.
A livello regionale la maggior parte delle nuove infezioni sono in Africa orientale e meridionale, 800mila, ma anche il vecchio continente contribuisce, con 150mila in Europa orientale e Medio Oriente e 68mila in Europa Occidentale e Usa.
Uno dei problemi principali, sottolinea il documento, è la carenza di fondi. Per la prima volta nella storia recente le somme messe a disposizione dai paesi per la lotta all'Hiv sono diminuite, di quasi un miliardo, e nel 2018 il totale si è fermato a 19 miliardi di dollari contro i 26,2 necessari. "Anche se 2 milioni di persone in più hanno iniziato una terapia antiretrovirale (ART), tutte le parti coinvolte devono fare di più per affrontare le infezioni mortali che causano i decessi legati all'AIDS, a partire dalla tubercolosi e dalla meningite criptococcica - sottolinea Gilles Van Cutsem, coordinatore di Medici Senza Frontiere per l'HIV/AIDS -. Negli ospedali supportati da MSF in Repubblica Democratica del Congo, Guinea, Malawi e altri paesi, molte morti si verificano nelle prime 48 ore successive al ricovero. I pazienti arrivano molto malati, spesso con infezioni opportunistiche gravi come la tubercolosi, la meningite criptococcica o il sarcoma di Kaposi. Quando arrivano, a volte è troppo tardi per salvarli. Questo accade perché non sono stati diagnosticati in tempo o perché non sono riusciti ad accedere ad una terapia salvavita".
Se da una parte le armi a disposizione in questo momento potrebbero essere sufficienti a sconfiggere la malattia, la ricerca in tutto il mondo è a caccia di un vaccino, che renderebbe molto più facile l'eradicazione. Una nuova formulazione, ha annunciato il National Institute of Health statunitense, è arrivata alla fase 3 della sperimentazione, che verrà condotta su 3800 persone in Sudamerica, Usa ed Europa, Italia compresa.
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