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Medici al lavoro fino a 70 anni. Gimbe, rischio per i pazienti

Professione Redazione DottNet | 20/01/2020 19:49

Pronte le modifiche al Milleproroghe. Cartabellotta: “Consistenti evidenze scientifiche dimostrano che questa misura rischia di ridurre la sicurezza dei pazienti e la qualità dell’assistenza e di aumentare il contenzioso medico-legale”

camici banchi che potranno restare in servizio fino a 70 anni e i giovani medici potranno andare in corsia già dal terzo anno di specializzazione. Cominciano a prendere forma le novità in arrivo come emendamenti al decreto Milleproroghe, che saranno messi al voto a partire da giovedì 23 gennaio. Stasera alle 18 è fissata la scadenza per presentare le proposte di modifica parlamentare, mentre l'esecutivo, che pure sta già preparando i suoi emendamenti, avrà tempo durante tutto l'iter del provvedimento, all'esame delle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera.  Il pacchetto della Salute punta a fare fronte alla carenza di medici nelle strutture pubbliche, e chiede di prorogare la possibilità per i camici bianchi di rimanere in servizio anche superati i 40 anni di attività, ma entro i 70 di età.  Una misura già adottata in alcune Regioni e che viene consentita a tutto il Servizio sanitario fino al 2022. Per lo stesso motivo si cerca di accelerare l'immissione di nuove leve, dando la possibilità agli specializzandi di essere inquadrati a tempo determinato e con orario parziale (per consentire, in contemporanea, di completare la specializzazione) già dal terzo anno di corso.

Ma la Fondazione Gimbe critica la possibilità di mantenere in servizio i medici fino a 70 anni (circa 10 mila sarebbero interessati dal provvedimento secondo le stime). “Se è certo che tale misura non avrà alcun impatto sulla finanza pubblica – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – spiace constatare che, a dispetto della legge 24/2017 sulla sicurezza delle cure, il dibattito non ha tenuto conto né dei potenziali rischi per i pazienti, né il fatto che i dati di letteratura sulla relazione tra età dei medici e performance professionali sono contrastanti, quando non decisamente allarmanti”. “Ad esempio – rileva Gimbe -, una revisione sistematica sulla relazione tra qualità dell’assistenza ed anni di carriera condotta su 62 studi e oltre 33.000 medici ha dimostrato che in 15 (25%) degli studi inclusi i medici più anziani hanno performance analoghe o migliori dei più giovani, ma in 32 studi (52%) i medici a fine carriera hanno minori conoscenze cliniche, aderiscono meno alle raccomandazioni delle linee guida ed hanno performance peggiori sull’appropriatezza dei processi preventivi, diagnostici e terapeutici”.

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“Più in generale – spiega Cartabellotta – anche se i medici sono più resilienti al decadimento fisico e cognitivo legato all’età, robuste evidenze scientifiche dimostrano che con l’aumentare degli anni apportano al contempo benefici e rischi sia ai pazienti, sia all’organizzazione sanitaria”.  
Infatti, - rimarca Gimbe “se da un lato la cosiddetta “intelligenza cristallizzata”, ovvero la capacità di utilizzare rapidamente conoscenze, abilità ed esperienze acquisite, aumenta dai 40 ai 70 anni, dall’altro l’“intelligenza fluida”, che include bisogno di aggiornamento, velocità di elaborazione dei dati e risoluzione di scenari clinici e problemi insoliti, inizia a declinare molto lentamente a partire dai 40 anni, per ridursi drasticamente dopo i 60-65 anni. Infine, accanto al fisiologico declino cognitivo, gli studi epidemiologici documentano che la malattia di Alzheimer in fase precoce, le patologie cerebro-vascolari silenti ed altre condizioni asintomatiche compromettono un numero sempre crescente di persone, medici inclusi, limitando la consapevolezza dei loro limiti cognitivi”.
 
“Di conseguenza – continua il Presidente – se da un lato va dato atto a Governo e Regioni di aver finalmente messo nero su bianco diverse misure integrate per affrontare la gravissima carenza di personale sanitario, dall’altro questa contromisura d’emergenza richiederebbe una valutazione psico-fisica standardizzata dei medici che intendono avvalersene, al fine di minimizzare i rischi per i pazienti, aumentare la sicurezza delle cure e ridurre il potenziale contenzioso medico-legale”.  “Peraltro – prosegue la Fondazione in una nota - , mentre in Italia la politica è pronta a sdoganare la permanenza dei medici in corsia sino al compimento dei 70 anni, il prestigioso Journal of American Medical Association (JAMA) nel fascicolo del 14 gennaio dedica ben 4 articoli su opportunità e sfide di valutare i medici anziani, sulla loro responsabilità nel mantenere la competence professionale con l’avanzare degli anni, sui risultati dell’utilizzo di una batteria di test neurocognitivi e, soprattutto, sulle best practice che tutti i sistemi sanitari dovrebbero utilizzare per valutare la competence professionale dei medici che hanno superato una certa età”.
 
“Considerato che la sicurezza dei pazienti e la qualità delle cure vengono prima di tutto – conclude Cartabellotta – la Fondazione GIMBE chiede al Ministro Speranza di inserire nell’emendamento al Milleproroghe l’obbligo di una procedura nazionale standardizzata per valutare le performance fisiche e cognitive dei medici che offriranno la loro disponibilità a rimanere in corsia sino a 70 anni, oltre ad un potenziamento del monitoraggio degli eventi sentinella nelle strutture in cui lavoreranno questi professionisti. Esattamente come accade per i piloti che, per garantire la sicurezza dei voli, devono sottoporsi a visita medica almeno una volta l'anno, dopo i 60 anni devono farlo ogni sei mesi e a 65 anni devono improrogabilmente appendere la cloche al chiodo”.
 

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