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Contagi in calo. Morti 31 medici, le proteste di Fimmg e Anaao

Sanità pubblica Redazione DottNet | 25/03/2020 20:41

Indignazione dei camici bianchi, 'non siamo protetti'. Ma l'emergenza non è finita

Si stabilizza la curva dei malati di coronavirus in Italia. Per il quarto giorno consecutivo la crescita dei positivi rallenta e le misure di contenimento prese dal governo sembrano produrre i primi effetti positivi, anche se ancora una volta il paese paga un prezzo altissimo: in un solo giorno sono morte altre 683 persone e il numero complessivo delle vittime dall'inizio dell'emergenza ha superato le settemila, raggiungendo la cifra di 7.503.

Pesante tuttavia il conto dei camici bianchi deceduti per Covid-19. Il bilancio è salito a 31 morti, di cui 17 erano medici di famiglia. L'ultima una dottoressa di Bergamo, dirigente medico responsabile di Igiene e Sanità pubblica del Dipartimento prevenzione sanitaria. Oltre al dolore, sale tra gli operatori sanitari l'indignazione per essersi dovuti esporre al virus senza i dispositivi di protezione individuali necessari per la sicurezza personale e degli stessi pazienti per via delle gravi carenze. Sia negli ospedali che negli ambulatori, e nelle visite a domicilio.

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Forte la protesta della Federazione dei medici di Medicina generale (Fimmg) dopo che nelle ultime 24 ore, dei 6 medici deceduti ben 5 erano di base: "Gli operatori sanitari vanno protetti e nessuno può sentirsi in pace con la coscienza se continua ad esporre il personale sanitario senza protezioni", afferma il segretario generale Fimmg Silvestro Scotti. Nelle ultime ore intanto, sulla scrivania del presidente dell'Istituto superiore di Sanità Silvio Brusaferro è arrivata la lettera con il j'accuse del maggiore sindacato dei medici ospedalieri italiani, l'Anaao Assomed. Il segretario nazionale Carlo Palermo e la segretaria del Piemonte Chiara Rivetti, dopo aver riferito che ieri sera a Torino altri due chirurghi sono stati intubati, scrivono: "L'Istituto da Te diretto, caro collega, non ci aiuta a difendere i sanitari. Perché parallelamente al progredire della carenza di dispositivi, ha ridimensionato le indicazioni di tutela".

L'Anaao ricorda che mentre prima erano "indispensabili le mascherine filtranti, perchè quelle chirurgiche non proteggevano, ora, grazie ad una pedissequa lettura delle direttive Oms, l'Iss ci dice che le mascherine chirurgiche vanno benissimo, eccetto che per le procedure che generano aerosol". E continua: "Le maschere filtranti non ci sono? Allora bene le chirurgiche, avanti tutta. Ma l'Iss non può applicare in Italia ciò che è stato pensato per aree flagellate da guerre o carestie. Non può prescrivere che un medico protetto solo da una maschera chirurgica entri in un reparto Covid-19 per visitare pazienti trattati con ossigeno ad alti flussi, per lo più anziani, che si agitano, si strappano maschere e mascherine".

"Noi siamo quelli che si ammalano facendo il proprio lavoro. Tra di noi ci sono 5.000 contagiati, secondo i dati dello stesso Iss che rileva come sia evidente l'elevato potenziale di trasmissione in ambito assistenziale di questo patogeno", denuncia il sindacato. E chiede a Brusaferro di ordinare che il "personale sanitario in contatto con un caso sospetto o confermato di Covid-19 indossi protezioni adeguate: altrimenti duriamo poco più di una maschera monouso". Intanto le famiglie delle vittime cominciano a pensare che per queste 'morti evitabili' lo Stato debba fare qualcosa di concreto.

"Lo Stato dia un segnale forte e chiaro: deve indennizzare le famiglie di medici e infermieri deceduti per la loro attività di tutela della salute pubblica. Siamo pronti a dare battaglia", ha detto da Torino l'avvocato Gino Arnone, al quale si è rivolta la famiglia di una vittima professionale del Covid-19.iamo pronti a dare battaglia". E' quanto afferma, da Torino, l'avvocato Gino Arnone, al quale si è rivolta la famiglia di una 'vittima professionale' del Covid-19 per valutare la possibilità di chiedere un risarcimento attraverso un'azione legale.

I dati sui contagi

Intanto Angelo Borrelli ha accusato sintomi febbrili e, dopo essersi sottoposto al tampone, ha lasciato la sede del Dipartimento della Protezione Civile. E' a casa, a differenza di Guido Bertolaso che è invece ricoverato al San Raffaele da martedì in condizioni stabili. Nelle prossime ore si saprà se Borrelli è positivo o meno al virus, dopo che già sabato scorso era stato sottoposto a degli accertamenti in seguito alla scoperta di 12 casi al Dipartimento ed era risultato negativo. "Precauzionalmente e responsabilmente ho lasciato il Dipartimento - dice - e in attesa di avere i risultati degli esami continuo a lavorare dalla mia abitazione assieme ai dirigenti e ai funzionari del Dipartimento che sono tuttora operativi e che fin dall'inizio di questa emergenza stanno garantendo tutto il sostegno possibile al paese in questo momento così difficile".

E sono stati proprio quei funzionari, il vicecapo del Dipartimento Agostino Miozzo e il capo delle Emergenze Luigi D'Angelo, a spigare che, forse, si comincia a vedere qualche spiraglio. Il numero dei malati è infatti arrivato a 57.521, con un aumento giornaliero di 3.491. Un dato in calo rispetto agli ultimi 3 giorni: martedì i nuovi casi erano stati 3.612, lunedì 3.780 e domenica 3.957. E anche il dato relativo al totale dei contagiati (quello che comprende anche le vittime e i guariti), che sono 74.386, risulta in calo: 5.210 in più oggi, 5.249 martedì. Un miglioramento che va ricercato nell'aumento del numero dei guariti: martedì era stato di 894 persone mentre oggi è di 1.036, per un totale di 9.362.

Tutto ciò non significa certo che l'emergenza è finita, anzi. E, soprattutto, non significa che si possono allentare - non ancora almeno - le misure di contenimento, visto che una parte del paese, seppur minoritaria, continua a non capire, come dimostrano le 8.310 nuove denunce per violazione dei divieti. "Viviamo una fase di apparente stabilizzazione e crediamo che il numero di persone infette sia coerente con il trend che la diffusione ha avuto nel paese: questo - spiega chiaramente Miozzo - ci fa pensare che è indispensabile, se vogliamo vedere la curva stabilizzarsi e poi decrescere, mantenere le rigorose misure di contenimento e di distanziamento sociale. E' un momento delicato, non bisogna abbassare la guardia se no la curva potrebbe risalire".

Un ragionamento che segue di pari passo quello fatto dal direttore vicario dell'Oms Ranieri Guerra. "Il rallentamento delle velocità di crescita è un fattore estremamente positivo, in alcune regioni credo che siamo vicini al punto di caduta della curva stessa, quindi il picco potrebbe essere raggiunto in questa settimana e poi cadere". I prossimi giorni saranno dunque "decisivi perché saranno i momenti in cui i provvedimenti del governo di 15-20 giorni fa dovrebbero trovare effetto". Rimanere a casa, dunque, ridurre al minimo gli spostamenti e mantenere il distanziamento sociale per evitare di contrarre i virus restano gli imperativi per tutti.

Mentre i sanitari continuano la battaglia per assistere chi è malato e si moltiplica la solidarietà internazionale: la Germania verrà direttamente a prendere alcuni malati in Italia da trasferire negli ospedali tedeschi, sono già in Lombardia gli aiuti americani oltre a medici e tecnici russi che hanno trasportato con 15 aerei materiale e attrezzature per diagnosi e sanificazione. Tra 3 giorni inoltre - annuncia la Protezione Civile - aprirà nelle Marche un ospedale da campo cinese con 160 tra medici e tecnici che hanno fatto esperienza a Wuhan.

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