Trovati gli anticorpi nel 5% dei milanesi e virus anche in un neonato di Parma pre-epidemia
Ancora prima del caso '1' di Codogno, identificato lo scorso 21 febbraio, il Coronavirus SarsCov2 già circolava nel Nord Italia presumibilmente da settimane. La conferma arriva da due nuovi studi. Il primo lavoro è del Policlinico di Milano, pubblicato su medRxiv, e dimostra che a inizio epidemia 1 donatore di sangue su 20 (4,6%) nella città aveva già sviluppato gli anticorpi, percentuale salita al 7,1% ai primi di aprile. L'altro studio è dell'Università di Parma che, per la prima volta, ha isolato il nuovo coronavirus in un neonato di 7 settimane già il 26 febbraio, ma è probabile che il piccolo si sia infettato almeno dalla metà dello stesso mese dati i tempi di incubazione. I ricercatori milanesi hanno esaminato circa 800 donatori di sangue sani presentatisi al Policlinico tra il 24 febbraio e l'8 aprile.
Si tratta della "prima vera conferma scientifica che nell'area metropolitana era presente un sommerso di persone contagiate, già prima che si verificassero i primi casi di malattia conclamata; è anche il primo studio sierologico su persone asintomatiche che ci dice chiaramente che siamo ben lontani dall'immunità di gregge", spiega Daniele Prati, uno dei coordinatori dello studio. La pratica del distanziamento sociale sembra però aver favorito soprattutto i più giovani, che hanno avuto il tempo di sviluppare un'immunità a lungo termine.
Infatti, spiega Calderaro all'ANSA, "il focolaio epidemico a Parma è stato dichiarato dal 5 marzo, ma in realtà il virus stava circolando in modo silente da ben prima che si registrasse un numero consistente di casi. Tanto che ad esserne infettato è stato un lattante i cui genitori sono risultati negativi. E' dunque probabile che il bimbo si sia infettato da un soggetto asintomatico. Questo ci fa capire che c'è stata una subdola diffusione del virus ben prima di quanto stimato". Ma tale scoperta consentirà anche un ulteriore e fondamentale passo avanti nella ricerca: "quello isolato nel neonato è un virus 'vergine' poichè il bambino non aveva ricevuto alcuna terapia o interazione farmacologica. E' cioè un prodotto virale 'selvaggio' che - sottolinea l'esperta - possiamo ora studiare in tutte le sue caratteristiche così come è presente in natura". Con uno sviluppo che potrà dimostrarsi cruciale: "Confronteremo ora il virus 'vergine' isolato dal lattante con quelli isolati da soggetti adulti o bambini per rilevare quali sono le eventuali differenze e al fine di verificare - conclude la virologa - se il virus è mutato".
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