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Scotti a Federfarma: no all'ambulatorio medico in farmacia

Medicina Generale Redazione DottNet | 29/05/2020 19:22

Copertura vaccinale, FIMMG: «L’unica strada è quella di valorizzare l’offerta organizzata per competenze del territorio convenzionato»

«Apprezzamento per la posizione di Federfarma che chiarisce l’unica possibilità di coinvolgimento proponibile tra medici e farmacisti e che va nella direzione giusta, ovvero nell’ottica di una collaborazione che realizzi una vero “rilancio” del territorio, guardi alle esigenze essenziali di tutela della salute dei cittadini valorizzando il potenziamento dei soggetti convenzionati, anche da contrapporre al “dipendentismo” auspicato da chi il territorio basato sul rapporto fiduciario col cittadino lo vuole invece distruggere. Una prospettiva che può risultare decisiva per la strategia sul miglioramento delle coperture vaccinali, efficace in in vista del prossimo autunno, quando alla pandemia si aggiungerà l’epidemia influenzale e non solo, ovvero anche le forme batteriche respiratorie per esempio, non trascurando quelle pneumococciche».

Questo il commento di Silvestro Scotti, segretario generale FIMMG, in ordine alla posizione espressa dai farmacisti di Federfarma rispetto all’ordine del giorno sulla presenza del medico per la vaccinazione in farmacia. In relazione all’ordine del giorno, presentato dall’Onorevole Andrea Mandelli, Scotti invece chiarisce come il processo vaccinale non debba e non possa essere banalizzato. «Un processo - spiega - che va migliorato (particolarmente se avremo fasi 2 o zone rosse - fase1- possibili durante il prossimo autunno/inverno), rispetto per esempio ai meccanismi di distribuzione, conservazione, prossimità e disponibilità del vaccino, alla sede di somministrazione, così come alla possibilità di domiciliare l’intervento vaccinale dei più fragili, prerogativa esclusiva della medicina di famiglia. Tutti questi passaggi influenzano i tempi di realizzazione della pratica vaccinale». Le attuali procedure portano infatti ad una distorsione del sistema, per la quale le dosi vaccinali vengono consegnate ai medici di famiglia non prima di fine ottobre, inizi di novembre, riducendo i giorni utili per la somministrazione a non più di 30 - 40 se si escludono le festività.

«Basta considerare che un massimalista vaccina in media 300-400 persone - aggiunge il segretario generale FIMMG - per capire che i tempi sono troppo contratti e che in quelle giornate, poche, si sommerà l’ordinaria assistenza dei pazienti, complicata dalla corretta gestione degli accessi agli studi dei medici, così come di tutti i presidi sanitari, compresi centri vaccinali o qualunque altra possibilità ci volessimo inventare». Ecco perché FIMMG ribadisce che è necessario rivedere i modelli organizzativi, consentendo ai medici di famiglia di reperire le dosi proprio in prossimità degli studi. Rivedere anche i metodi di conservazione, come pure la gestione delle necessità vaccinali in un rapporto in cui ogni professionista esprima le sue migliori qualità in termini di esperienza e competenza professionale, non in termini di competitività su ambiti di diversa competenza. Si spiega così, in termini estremamente semplici, l’esigenza di ragionare su un modello basato sull’esclusività del rapporto tra i farmacisti e la medicina convenzionata.

Un rapporto di esclusività, peraltro già previsto nel decreto legislativo del 30 dicembre 1992, n. 502 in merito al “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421”. In modo particolare l’art. 8, che prevede la disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali e in base al quale “Il rapporto tra il Servizio sanitario nazionale, i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta e' disciplinato da apposite convenzioni di durata triennale conformi agli accordi collettivi nazionali stipulati, ai sensi dell'articolo 4, comma 9, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, con le organizzazioni sindacali di categoria maggiormente rappresentative in campo nazionale”. Sono questi accordi che devono tenere conto di diversi principi, tra i quali allo stesso articolo 8 comma 1 lettera m-bis “promuovere la collaborazione interprofessionale dei medici di medicina generale dei pediatri di libera scelta con i farmacisti delle farmacie pubbliche e private operanti in convenzione con il Servizio sanitario nazionale”.

«Non comprendiamo come un parlamentare di grande esperienza come l’Onorevole Mandelli - stigmatizza Scotti - non tenga conto di una legge dello Stato, non si ponga il problema di rispettare il divieto, previsto dall’articolo 102 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie, per il quale esiste una incompatibilità a determinare in maniera generica un ambulatorio medico nell’ambito di una farmacia. Tanto più considerando la carenza di medici per la quale tale previsione si presterebbe più al “prestanomismo” che alla reale presenza dei medici richiamati nell’ordine del giorno. Addirittura imbarazzante è poi il fatto che tali affermazioni provengano da un rappresentante di area deontologica, pronto a valorizzare in un provvedimento la farmacia, invece dei professionisti intellettuali che rendono il valore di quella struttura, quale spazio fisico con l’unico valore del rispetto delle norme igienico sanitarie e della privacy, condizioni oltretutto minime, a mio avviso, per le attività ordinarie, senza invece promuovere e valorizzare i professionisti, ovvero gli uomini rispetto alle mura. Siamo sicuri però - conclude Scotti - che il ministro della Salute porterà razionalità e senso agli impegni presi dal Governo, confrontandosi con gli attori coinvolti e con i fatti, certo non con le superficializzazioni di processi più complessi da cui deriva la tutela della salute dei cittadini».

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