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Sindrome di Duchenne, nuove cure con le vescicole extracellulari

Neurologia Redazione DottNet | 17/09/2020 17:05

Trasferiscono i benefici delle medicine direttamente nei muscoli

Fa un passo in avanti la ricerca contro la distrofia muscolare di Duchenne, una particolare condizione di atrofia muscolare, grazie alle vescicole extracellulari che possono diventare un veicolo per ripristinare la funzionalità dei muscoli. L'obiettivo raggiunto è di uno studio italo-americano svolto dal Sanford Burnham Prebys Medical Discovery Institute di San Diego, dalla Fondazione Santa Lucia Irccs e dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma. I ricercatori hanno dimostrato che la correzione farmacologica del contenuto delle vescicole extracellulari che vengono rilasciate all'interno dei muscoli colpiti da distrofia può ripristinare la loro capacità di rigenerare i muscoli e prevenire la fibrosi.  Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Embo Reports, rivela così un nuovo promettente approccio terapeutico per la distrofia muscolare di Duchenne.

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"Il nostro studio mostra che le vescicole extracellulari sono mediatori bioattivi in ;;grado di trasferire i benefici della medicina (in questo caso, gli inibitori Hdac) per trattare la distrofia di Duchenne", afferma Pier Lorenzo Puri, docente al Sanford Burnham Prebys tra gli autori dello studio. Nell'attuale sperimentazione clinica, i pazienti con Sindrome di Duchenne sono trattati con questo inibitore a dosi non ottimali a causa del rischio di effetti collaterali avversi. Gli studiosi ritengono che le vescicole extracellulari possano fornire uno strumento trapiantabile privo di cellule, in modo tale da superare gli effetti indesiderati causati dall'uso cronico ad alte dosi. "Questo nuovo approccio di utilizzo di vescicole extracellulari farmacologicamente corrette può essere utilizzato per somministrare in modo sicuro farmaci come l'inibitore Hdac direttamente ai muscoli distrofici per ottenere l'azione benefica che altrimenti si otterrebbe solo a dosi tossiche più elevate", dice Puri. Secondo gli studiosi, questi risultati potrebbero essere estesi anche ad altre condizioni e malattie.

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