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Contagi a quota 21mila, Fnomceo: il dpcm è l'ultima chance

Sanità pubblica Redazione DottNet | 25/10/2020 20:32

Pronto soccorso ed ospedali saturi. Simeu: molti ricoveri nei reparti ordinari anche di malati con pochi sintomi e che potrebbero essere trattati al domicilio

Con i contagi da Covid-19 che per la prima volta dall'inizio della pandemia superano quota 20mila in sole 24 ore, toccando il record di 21.273, cresce l'allarme tra medici e infettivologi per la tenuta degli ospedali proprio nel giorno in cui il premier Giuseppe Conte ha illustrato le misure restrittive del nuovo dpcm. Misure che, avvertono i sanitari, rappresentano ormai l'ultima chance prima di un inevitabile lockdown generale.   "Non dobbiamo solo vedere il numero dei decessi ma dobbiamo anche vedere lo stress delle strutture ospedaliere e sanitarie. E' anche questa una delle motivazioni che ci ha spinto ad agire in modo più risoluto con questo dpcm", ha spiegato Conte. Ed il ministro della Salute Roberto Speranza ha avvertito che bisogna reagire "subito e con determinazione se vogliamo evitare numeri insostenibili".

Ma i numeri continuano a salire e la curva epidemica appare "ormai fuori controllo", osserva Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società Italiana di Malattie Infettive e tropicali (Simit), sottolineando come la preoccupazione sia crescente anche perchè il picco ancora non è stato raggiunto. Il balzo dei nuovi contagi si è registrato a fronte di 161.880 tamponi fatti, oltre 15.700 meno di ieri. In calo invece le vittime: 128 nelle ultime 24 ore (ieri erano 151). E tra le regioni è ancora la Lombardia a far segnare il numero più alto di nuovi casi, 5.762, seguita da Campania (+2.590), Piemonte (+2.287), Toscana (+1-.863), Lazio (+1.541). A preoccupare sono pure i numeri dei ricoveri: 12.006 quelli nei reparti ordinari, con un incremento rispetto a sabato di 719, altri 1.208 sono invece quelli nelle terapie intensive (+80) e 209.027 sono le persone in isolamento domiciliare. Una fotografia della pandemia nel Paese dinanzi alla quale le misure adottate col nuovo dpcm per limitare i contatti vengono giudicate dai medici come l'ultima possibilità, con il forte timore che possano non essere sufficienti.

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Rappresentano "l'ultimo tentativo del governo prima di un inevitabile lockdown totale, se non dovessero funzionare", afferma il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) Filippo Anelli. Quella del governo, rileva, "è una grande scommessa per mantenere insieme produzione e tutela della salute, ma se nel giro di 15 giorni gli indicatori peggioreranno, credo sia responsabilità del governo adottare misure ancora più drastiche con un lockdown totale". Parla di situazione "già gravissima" negli ospedali Carlo Palermo, il segretario del maggiore dei sindacati dei medici ospedalieri, l'Anaao-Assomed: "Pronto soccorso e reparti sono ormai intasati ed il 118 subissato di chiamate. Con questo ritmo di contagi entro la seconda settimana di novembre si satureranno le terapie intensive". Anche secondo Palermo, il dpcm è "un punto di equilibrio tra esigenze economiche e sanitarie, ma potrebbe non bastare" perchè la pressione sugli ospedali "sta diventando insostenibile, dal momento che è praticamente saltata la possibilità di contenimento dell'epidemia attraverso i servizi territoriali".

Anche il presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini chiede di riorganizzare l'attività di tracciamento individuando le priorità, con tamponi prima ai sintomatici . Le misure decise, comunque, sono solo "ad effetto temporaneo e non risolutive", è invece il giudizio di Andrea Crisanti, ordinario di microbiologia all'Università di Padova, e "finchè non si elaborerà un piano di sorveglianza per consolidare i risultati eventualmente derivanti dalle misure, continueremo inevitabilmente in questa spirale di contagi".   Intanto, il premier Conte, illustrando il nuovo dpcm, si è rivolto ai medici di base definendoli "preziosi alleati in questa strategia di contrasto al Covid-19" ed annunciando che il ministro della Salute sta già lavorando e sul tavolo c'è un rinnovo contrattuale che servirà anche a motivare i medici di base per coinvolgerli nei nuovi compiti di diagnosi e tracciamento. Proprio domani, 26 ottobre, è previsto un tavolo tra sindacati medici e Regioni per definire gli indirizzi per l'utilizzo dei tamponi rapidi negli studi dei medici di famiglia e le novità contrattuali.

Ospedali al limite

Pronto soccorso e reparti ospedalieri in tilt in molte Regioni italiane per l'affluenza record di pazienti Covid e per il gran numero di ricoveri nei reparti ordinari anche di malati con pochi sintomi e che, affermano i sanitari, potrebbero essere trattati al domicilio. A lanciare l'allerta è la Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu), sottolineando come in queste ore nei Pronto soccorso (Ps) si stiano vivendo enormi difficoltà anche per la carenza di medici ed infermieri.  "La situazione nei Ps è drammatica, con fortissime criticità in tutte le Regioni. I Ps, in questi giorni, sono presi d'assalto da pazienti con sintomi da Covid-19 e ci sono file di ambulanze in attesa", afferma il presidente Simeu Salvatore Manca. I reparti Covid, racconta, "sono pieni ed i Ps stanno diventando un 'parcheggio' per questi pazienti anche per 3-5 giorni. Stiamo assistendo tutti ma mancano medici e infermieri. Non ce la facciamo più a reggere".

La situazione è "critica - racconta - pressochè in tutte le Regioni - perchè sui Ps si stanno riversando migliaia di persone sintomatiche ma anche con sintomi molto lievi che, nella maggioranza dei casi, chiedono di poter effettuare un tampone rapido per la diagnosi. Ma c'è anche un'emergenza per le fila di ambulanze per trasportare pazienti". La conseguenza è che i Ps, rileva, "stanno diventando dei 'parcheggi' per i pazienti Covid, che vi rimango anche dai 3 ai 5 giorni in attesa che si liberi un posto nei reparti ordinari Covid, anch'essi ormai pieni". Il punto, chiarisce Manca, è che si sta creando una situazione "paradossale in cui i reparti non riescono a dimettere i pazienti positivi ma con lievi sintomi perchè molti non possono tornare al proprio domicilio, dove non hanno le condizioni per restare in isolamento". Nei Ps, dunque, sottolinea, "viene fornita un'assistenza piena con ventilazione non invasiva attraverso i caschetti. Questo sta consentendo di non riempire le terapie intensive ma sta sovraccaricando incredibilmente i Pronto soccorso". Criticità, queste, che si stanno verificando al Sud, come in Sardegna e Campania, ma anche al Nord in Lombardia e Liguria, e nel Lazio. "Stiamo tornando ai numeri di marzo - afferma Manca - anche se le terapie intensive non sono ancora completamente piene". La ragione di questa situazione critica, chiarisce, sta nel fatto che "i servizi territoriali non riescono a rispondere alla domanda di assistenza e le unità Usca per l'assistenza domiciliare sono pochissime: invece di una ogni 60mila abitanti, come indicato, in varie Regioni ne è presente una ogni 180mila. In queste condizioni è inevitabile che la gente si riversi sugli ospedali o sul 118".

Altro "enorme" problema è quello della carenza di personale: "Nei Ps si contano 3mila medici ed infermieri in meno rispetto all'organico che dovrebbe essere previsto. Stiamo sopperendo accettando di svolgere sovraccarichi di lavoro e turni no-stop. Un aiuto arriva dagli specializzandi degli ultimi anni impiegati per l'emergenza, ma questo succede nei grandi ospedali universitari e non nei piccoli, che sono quelli maggiormente in sofferenza". Quest'anno i posti di specializzazione in medicina d'urgenza sono raddoppiati passando a 857, sottolinea Manca, "ma ancora non bastano. Ora l'urgenza è aumentare l'impiego degli specializzandi nei Ps, perchè sono ancora pochi quelli che accettano un contratto di questo tipo dato il lavoro usurante e la mancanza di incrementi retributivi legati alla condizione emergenziale". E proprio per affrontare tale carenza, il dipartimento Salute della Regione Puglia ha richiamato, su base volontaria, i medici pensionati e lunedì prossimo verrà pubblicato un avviso per compilare una graduatoria da cui ogni Asl potrà attingere per far fronte all'emergenza Coronavirus. In base alle specialità dei medici che decideranno di tornare in corsia ci sarà l'assegnazione dei posti negli ospedali e nei reparti.

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