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Da Repubblica-salute: Il futuro di Big Pharma

Aziende Redazione DottNet | 07/06/2009 10:48

Se il 2013 sarà, come affermano molti osservatori del mondo farmaceutico, l'anno del "grande freddo", quando, come ha scritto Marco Scatigna direttore della Fondazione Sanofi Aventis "i grandi gruppi avranno perso dal 22% al 41% del loro attuale fatturato", a causa della fine dei brevetti e della concorrenza dei farmaci generici, le grandi manovre d'inizio 2009 appariranno solo come un tentativo di "correre ai ripari". Per ora si guarda ai conti di giugno, dopo le imponenti acquisizioni a colpi di miliardi di dollari: Pfizer che compra Wyeth per 64,015 miliardi, Roche che acquisisce tutto il pacchetto Genentech per 47,12 miliardi; l'americana Merck & Co. che acquista Schering-Plough per 43,19 miliardi.
 

In un mondo "fermo" per la crisi e dove le acquisizioni, secondo uno studio MergerMarket crollano del 30% rispetto ad un anno fa, il comparto farmaceutico è l'unico in controtendenza. E non solo per i 3 grandi colpi che si sono susseguiti. Un altro colosso, GlaxoSmithKline, fa "spesa" con i laboratori statunitensi della tedesca Stiefel ed entra (16%) nella sudafricana Aspen Pharmacare, industria di farmaci generici. Novartis punta ad aumentare la partecipazione nella filiale indiana, acquisisce le attività commerciali e di marketing dell'azienda milanese Mipharm (generici), acquista una divisione della austriaca Ebewe Pharma (generici iniettabili). Sanofi-Aventis acquisisce il produttore di farmaci generici Laboratorios Kendrick in Messico e sempre nei generici, la brasiliana Medley e la ceca Zentiva. Un turbinio di affari, singoli accordi, rumors e anticipazioni smentite (ultima la corsa all'acquisto dell'indiana Wockardt, divisione biotec, tra Pfizer e Sanofi-Aventis). Tutti comunque guardano ai mercati emergenti: India, Cina, Brasile, Messico, Russia, Corea del Sud, Turchia...
Critici verso le mega-fusioni sia John Lechleiter, amministratore delegato di Eli Lilly (che ha escluso ulteriori accordi con Bristol-Myers Squibb) che Andrew Witty di GlaxoSmithKline ("Operazioni distruttive").
"È la risposta ad una debolezza", sostiene Fabrizio Gianfrate, docente di Economia Sanitaria alla Luiss di Roma e a Ferrara, "le scadenze bevettuali, la mancanza di nuove molecole, pongono la grandi aziende di fronte alla necessità di acquisire linee di ricerca con prospettive di mercato e riposizionarsi.

Così aveva fatto Merck comprando Serono. Certo le critiche a queste maxi-fusioni non sono infondate: i fatturati non sono mai la sommatoria dei due partecipanti. L'effetto è assai breve con conseguenze ormai chiare: licenziamenti, gettito fiscale inalterato, profitti più o meno uguali, valore innovativo per la collettività uguale a zero". La sola operazione Merck&Co-Schering Plough prevede 16 mila esuberi (15% degli occupati), l'accordo Pfizer-Wyeth ne prevede 19.500. E le italiane? Anche loro guardano ai mercati emergenti, come Menarini, Recordati, Chiesi, Sigma Tau...
Per Bruno Sfogliarini, direttore dell'ufficio studi di Ims-Health Italia, principale "osservatore" del mercato farmaceutico, le acquisizioni continueranno, "e potranno riguardare sia piccole aziende biotec aggressive, come ora Johnson &Johnson su Cougar, sia realtà legate al generico, anche biotec, come sta facendo in questi giorni Novartis". Quale il motivo? "Sicuramente esiste una forte liquidità e due contrastanti esigenze che si rifanno a due sottomercati: uno riguarda l'alta specializzazione e l'innovazione che guarda alla realtà ospedaliera, con alti costi e remunerazione; l'altra, più ampia e generalista, riguarda le farmacie e il settore privato".
Tutto questo, secondo gli esperti, rientra in un processo che si sta chiaramente delineando: nel rapporto Pharma 2020 di PricewaterhouseCoopers, si segnala che rispetto a soli 10 anni fa il costo per lo sviluppo di un nuovo farmaco è raddoppiato "per produrre, alla fine, due quinti di nuovi farmaci rispetto ad allora".
Alcuni calcoli parlano oggi di 1200 milioni di dollari per arrivare alla commercializzazione di un nuovo medicinale: "Ogni 7 molecole avviate alla ricerca clinica solo 1,7 verrà effettivamente lanciata" , scrive Marco Scatigna della Fondazione Sanofi-Aventis su Sole24ore Sanità.
"Una forte concorrenza in un settore apparentemente molto spezzettato", aggiunge Gianfrate, "ma che in alcune aree (vedi le statine), presenta aziende che hanno quote di mercato che superano il 60 per cento". "Dopo l'epoca dei blockbuster (farmaci che vantano da soli vendite annue da un miliardo di dollari)", aggiunge Sfogliarini di Ims-Health, "ci si è rivolti ad un tipo di ricerca e sviluppo di media difficoltà: stesse molecole ma combinate per estendere la linea del prodotto. Scarso il contenuto innovativo e conseguente "bocciatura" da parte degli Stati che pagano i medicinali. Restano dunque la vera innovazione e, dall'altra parte, lo sviluppo dei generici e dei mercati emergenti".
"Una realtà, quella del farmaco generico, in aumento ", sottolinea il professor Gianfrate, "100 miliardi di dollari nei prossimi 18-24 mesi su un mercato mondiale di oltre 700 miliardi...". La fine dei brevetti e l'ampliarsi dell'uso di medicinali generici ha a che fare con l'equilibrio dei sistemi sanitari. "Si vede ancor poco in Italia, dove i prezzi medi sono ancora alti", sostiene il direttore di Ims-Health, "ma rendere universale la copertura sanitaria nella farmaceutica deriva dal low cost generico, che comunque, in alcune parti del globo, ha problemi di controlli di qualità e di contraffazione".
Sta di fatto che l'uso dei generici negli Usa consente di risparmiare un miliardo ogni 3 giorni (dati Ims Health: 121 miliardi nell'anno). In Francia nel 2008 si sono risparmiati 905 milioni di euro. Ma la battaglia è ancora dura: la Commissione Europea ha pubblicato una relazione preliminare di un'indagine (che si chiuderà nel 2009) sui ritardi nella commercializzazione dei generici dopo la scadenza brevettuale. Scrive Rosella Miracapillo dell'Osservatorio Farmaci del Movimento Consumatori: "Le imprese con il marchio avrebbero attuato pratiche finalizzate a ritardare o ad ostacolare l'entrata sul mercato di prodotti concorrenti. Tra il 2002 e il 2012 oltre 250 molecole avranno perso il brevetto". In Italia, nel biennio 2007-2008 si stima un risparmio di 800 milioni di euro.
Le riforme sanitarie negli Usa come in Cina o in Francia, dipendono molto anche da risparmi sul fronte farmaco e da ricerca e innovazione. Non è un caso che negli Usa, dove il lavoro delle lobby è trasparente e dichiarato, le aziende hanno aumentato del 36,1% le spese per le attività di pressione sul Congresso nel primo trimestre 2009 rispetto al 2008: vogliono avere voce in capitolo sulla riforma dell'assistenza che varerà il presidente Barack Obama.
 

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