La sentenza della Corte di Cassazione n. 26039 del 2019 ha stabilito che i professionisti iscritti alle Casse possono chiedere la ricongiunzione per i contributi versati alla gestione separata Inps
Sempre più spesso si svolgono nella vita lavorativa differenti attività che danno luogo a contributi versati in fondi diversi di uno stesso Ente o in Enti diversi (per i medici e gli odontoiatri si parla di Inps e di Enpam). Visto che il rendimento della contribuzione previdenziale versata tende progressivamente a ridursi, sia per la contrazione della platea dei lavoratori attivi, sia per effetto del tendenziale aumento dell’aspettativa di vita, la mancata o ridotta valorizzazione dei contributi dispersi al di fuori della gestione principale viene avvertita dagli interessati come particolarmente gravosa e ingiusta.
Uno dei capitoli in questo senso ancora aperti è quello della ricongiunzione onerosa. La sentenza della Corte di Cassazione n. 26039 del 2019 ha stabilito che i professionisti iscritti alle Casse possano chiedere la ricongiunzione (dietro versamento della cosiddetta riserva matematica per la copertura contributiva del periodo da riunificare) per i contributi versati alla gestione separata dell’Inps (specializzazioni e dottorati), possibilità formalmente esclusa dall’Istituto.
L’Inps osserva infatti che la gestione separata, pur essendo un fondo obbligatorio, non rientra fra i fondi esclusivi, sostitutivi ed esonerativi dell’assicurazione generale obbligatoria; e ad essa non possono essere applicate le norme sulla ricongiunzione ex legge 45/90, perché esse fanno riferimento a sistemi di natura retributiva, mentre la gestione separata, nata nel 1996, è un fondo totalmente contributivo. Anche il Ministero del Lavoro, in un suo parere, interpreta una eventuale ricongiunzione della gestione separata con le Casse come una sorta di "ritorno al passato", visto il carattere innovativo di tale gestione e la costruzione retributiva dei regolamenti previdenziali della maggior parte degli Enti privatizzati.
Ciononostante, la Cassazione, nella sentenza citata, ha appunto riconosciuto il diritto di un iscritto alla Cassa Commercialisti alla ricongiunzione presso la Cassa dei contributi versati alla gestione separata Inps, fondandosi anche sulla sentenza della Corte di Cassazione n. 61/1999, che ha dichiarato l’illegittimità delle norme della legge 45/90 circa la ricongiunzione dei liberi professionisti, laddove esse non prevedono la piena libertà di scelta fra i diversi istituti volti a garantire il totale utilizzo della contribuzione versata su diverse gestioni.
L’Inps, tuttavia, non si è uniformata alla pronuncia della Cassazione, ritenendola poco convincente, anche perché la richiamata sentenza della Consulta, a parere dei legali dell’Istituto, non era congruente con il caso in esame. Insomma, l’Inps ritiene che la Cassazione si sia sbagliata, e prima di uniformarsi al nuovo indirizzo, ha deciso di attendere un consolidamento e chiarimento della giurisprudenza in merito.
Per l’Enpam il riconoscimento del diritto alla ricongiunzione in entrata dei contributi della Gestione Separata non è affare da poco. Quasi tutti i medici iscritti all’Enpam hanno infatti frequentato una scuola di specializzazione, versando per legge i loro contributi alla gestione separata; consentirne la ricongiunzione ai Fondi Enpam significherebbe mantenere il totale controllo della platea degli iscritti alla Fondazione. In caso contrario, si potrebbe andare verso uno scenario in cui sarà l’Inps a pagare le pensioni di quasi tutti i medici, perché l’unico modo per valorizzare quei periodi a quel punto sarebbe il cumulo gratuito, dove appunto l’Inps riceve dall’Enpam la sua quota di pensione e la corrisponde al medico insieme con la propria, riducendo l’Enpam al solo scomodo ruolo di esattore. Ecco perché cominciano a levarsi le voci di alcuni medici che chiedono all’Enpam di assumere una posizione attiva su questa problematica. In primo luogo, si potrebbero avviare delle cause pilota per cercare di aumentare il numero di pronunce giurisprudenziali favorevoli, forzando l’Inps a modificare il proprio orientamento. Altri invece ritengono che si potrebbe battere la strada legislativa, promuovendo una norma che chiarisca definitivamente la questione, a vantaggio non solo della Fondazione, ma di tutte le Casse previdenziali private.
Secondo l’ultimo Monitoraggio Inps, da gennaio a marzo 2025 sono stati liquidati 194.582 nuovi trattamenti pensionistici. Di questi, solo 54.094 sono pensioni anticipate (dato ancora provvisorio), con un assegno medio di 2.065 euro
Le aliquote di rendimento sono state aumentate del 2 per cento per ogni anno di permanenza in attività oltre l’età ordinaria di pensionamento
Lo dice l’Inps nel messaggio n. 1431 del 7 maggio 2025, mediante il quale l’Istituto modifica parzialmente le indicazioni contenute nella Circolare dell’Inpdap n. 11/2006
Le rate, da restituirsi in 48 o 60 mesi, si possono cominciare a pagare anche non prima di un anno dalla concessione del prestito
Se il medico o l’odontoiatra dipendente, a 65 anni di età, ha raggiunto il diritto alla pensione (cioè ha 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva più tre mesi di finestra se uomo e 41 anni e 10 mesi se donna), deve essere collocato a riposo
Quando ad essere accentrati sono periodi contributivi particolarmente lunghi, il costo può diventare importante e divenire un deterrente spesso insuperabile
L’integrazione, in Enpam, è curata dal Servizio Trattamento Giuridico e Fiscale delle Prestazioni, dell’Area della Previdenza.
Il cedolino è già disponibile, mentre i pagamenti partiranno a inizio mese
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